giovedì 20 agosto 2009

Femministe fai da te? Ahi ahi ahi...



Visto che siamo in periodo di agone atletico a livello internazionale, terrei molto a conferire la medaglia d'oro per l'ipocrisia acrobatica e il femminismo a mezzo servizio alle strenue fautrici del cosiddetto "burkini". Il "cellophane da bagno per signore diversamente emancipate", tanto per dare una definizione in puro stile politically correct. Far passare un affronto violento e degradante all'autodeterminazione femminile come una "scelta consapevole" ed una" rivendicazione identitaria", infatti, non è certo impresa facile, anzi, quasi risulta più semplice correre i 100 metri piani sotto il muro dei 9 secondi. Eppure le campionesse in tale disciplina fioccano in ogniddove. Intendo nel femminismo d'accatto, non nei 100 piani. Ma una volta non si usava bruciare reggiseni in piazza? Forse ricordo male, anzi, siccome all'epoca non c'ero di sicuro qualcuno mi avrà raccontato cose diverse dal vero.

Oppure, evidentemente, oggi il femminismo marcia a compartimenti stagni, e quelle "mangiapreti d'assalto" sempre pronte a chiosare qualsivoglia uscita (spesso infelice, e sia) del Vaticano, soffrono di un monofagismo sacerdotale quantomeno bizzarro che le spinge a trovare parecchio indigesto qualunque manicaretto che non sia a rigoroso marchio cattolico.

Premetto che non ho nulla da obiettare sul fatto che una donna decida di uscire di casa velata, purché questa sia davvero una scelta consapevole e non indotta attraverso una coercizione più o meno palese. Che lo indichi la religione (ho detto "indichi" e non "imponga" perché personalmente ripongo fede tanto nei comandamenti dell'Altissimo quanto nei Principi dell'89), o la moda del momento, neppure indossando la giacchetta dell'intollerante mi riesce di trovare una ragione per cui si dovrebbe impedire tale pratica. Resto tuttavia convinto del fatto (e a suffragare questa mia convinzione porto lunghe ore di chiacchierate con le dirette interessate, incrociate sugli autobus ai tempi del liceo), che la gran parte delle ragazzine velate avrebbero ben più piacere di poter sfoggiare trecce e code di cavallo che non capigliature posticce, per quanto di seta, raso o cachemire. Ma tant'è, ed è inutile specularci più di un tot.

Vorrei però proprio vedere cosa accadrebbe al sottoscritto se si recasse in piscina indossando, anziché il costume d'ordinanza, un doppiopetto gessato blu spalla italiana con pochette all'occhiello e, per gradire, una cravatta Marinella, rivendicando in tal guisa il sacrosanto diritto all'abluzione con le vesti più consone al proprio retaggio culturale. Come minimo, un nerboruto bagnino lo spedirebbe a pedate al centro di igiene mentale più prossimo alla piscina. E senza che né i Cobas dei sarti né i paladini del classico abbiano nulla da replicare.