lunedì 30 giugno 2008

Parole a caso. Capitolo I


"Dottore, ho una seggiola nel naso" disse la segretaria sgranocchiando un sottobicchiere al sesamo. Erano circa le Milano meno un quarto, e fuori dalla finestra Capitan Findus soffiava forte dentro una carrucola. Un rimescolìo di chiavi inglesi scosse il giovane Henry dal suo sogno postprandiale: "Ho di nuovo lasciato aperta la porta del gas" pensò, rammaricandosi di non avere con se' un pigmeo. In quel mentre, un branco di commercialisti irruppe al grido di "Le chiavi del locale ascensore sono in possesso della famiglia Rossi", e pretendendo seduta stante la revisione del trattato di Versailles. Cosa che, come era prevedibile, fece andare su tutte le furie lo scaldabagno dei vicini.

Tuttavia Henry non si scompose, e ordinò per telefono un sandalo al tegamino, che gli venne consegnato a stretto giro di posta dal Presidente della Repubblica. "Dovresti smetterla di collezionare bastoni per le tende: hai già l'ulcera e la macchina in garage" lo redarguì sua madre, Hilda, donna di sani princìpi morali ma assolutamente priva di cingoli. "Lo sai mamma che la Polonia mi piace ben cotta"rispose lui con aria assente, distratto dal volo di gabbiani nella vasca del pesce rosso.

"Dottore, presto, c'è una macchia di ebano sulla camicia del ciambellano". L'urlo della segretaria lo scosse nuovamente dal torpore, proprio mentre un camion rimorchio scaricava casse di malva sul suo lettore portatile di analgesici. "Arrivo, arrivo" rispose il giovane Henry ad un richiamo così perentorio, tanto simile al turbinìo di un quaderno a quadretti lasciato a fermentare in una nursery da ricordargli un terribile episodio della sua infanzia, quando proprio per colpa di un ippopotamo aveva corso il serio rischio di far impazzire la maionese.

Il giovane dottore scese dunque i gradini della merenda quattro a quattro, superando a grandi falcate i cespugli di rododendro che gli si paravano dinanzi ad ogni incrocio.

Quando, proprio in quel momento...


(continua)

mercoledì 18 giugno 2008

Non guardate la figura (1)


Ho un'emorroide emotiva che mi attanaglia quel metaforico buco del culo che è il mio animo poeta. Non so perché, ma sento un fastidio pulsante in corrispondenza dello sfintere metafisico. Appena scoprirò cos'è, ve lo farò sapere. Intanto, andate pure a vomitare il pranzo.



(1) Troppo tardi, vero? beh, io comunque la coscienza a posto ce l'ho, perché vi ho avvertiti

mercoledì 11 giugno 2008

Caro diario: se lo faccio anche io, uccidetemi


No, non è possibile. Sono già due. Due menti geniali divenute inspiegabilmente de-menti geniali da qualche tempo a questa parte. Così, senza preavviso. Da quando, cioè, hanno abbandonato il Bushido del blogger cinico&salace, la Via della Absolute Web Justice, per slavinare inesorabilmente nel patapuffoloso (ecco, l'ho usato di nuovo) mondo delle sedicenni che utilizzano le pagine di internet che il buon Dio mette loro a disposizione come fossero quelle del diario rosa del Mio Minypony.

Non vi dirò chi sono, né quali sono i loro blog, perché, prima di tutto, è una cosa che non si fa. E poi perché altrimenti potrei seriamente rischiare di dare luogo a disastri diplomatici di proporzioni pantagrueliche, ma soprattutto perché è anche giusto che, cari e affezionatissimi lettori, impariate un po' a farvi gli affari vostri. Almeno una volta ogni tanto.

Vi dirò soltanto che entrambi ora posseggono un alter ego, il quale a sua volta possiede un blog, sul quale l'alter ego di cui poc'anzi narra con dovizia di particolari scabro-coccolosi e flussi di coscienza degni del miglior Kurt Cobain in versione "Cioè magazine" le loro avventure erotico-sentimentali, farcite qua e là di innumerevoli altri dettagli personalissimi quanto inutili quanto assolutamente "ecchiccacchiomaisenefrega".

Temo stia diventando una malattia, una sorta di morbo che a mano a mano intacca tutte le più brillanti materie grigie della blogosfera. Se tra qualche giorno scoverò anche il Diario dei Problemi di Cuore di Chinaski77, avrò la prova che e così.

Nel dubbio, corro subito ai ripari, perché prevenire è meglio che curare, ed essendo io mente brillante certificata dall'Imq vi chiedo di diventare or ora esecutori del mio testamento biologico in caso di contagio e rapida degenerazione della malattia anche sulla mia persona.

E' molto semplice: qualora dovessero manifestarsi i sintomi, uno o più di essi, a rate o tutti insieme, in forma conclamata, dovrete provvedere in tutta fretta alla mia completa e indiscutibilmente totale eliminazione fisica. Che sia la più rapida e indolore possibile, al fine di scongiurare ulteriori possibilità di contagio e non far soffrire ulteriormente il mio povero fisico già crudelmente dal male.

Sintomi inconfondibili del contagio, grazie ai quali potrete sapere con assoluta certezza che anche io sono finito nel Mondo dei Puccipucci-più, sono:

1) Desiderio irrefrenabile di raccontarvi su questo o altro blog, sito, pagina web o anche post-it telematico, ammesso che esista, quanto ami Ubalda, Genoveffa, Petronilla o, perché no?, Arturo, e quanto desideri fare tante cose sporche con il suo corpo. Ad esempio, attaccarci su le caccole del naso indossando un tutù.

2) Profusione di riflessioni assolutamente autoreferenziali e palesemente inconcludenti su come la mia vita sentimentale sia un disastro, oppure sia bellissima, oppure così così, ritenti che la prossima voltà sarà più fortunato.

3) Inarrestabile vaghezza di elencarvi le prestazioni del mio pirillo con dettaglio pari a quello utilizzato dalla rivista "AutoOggi" nel presentare gli ultimi modelli di casa Volkswagen.

4) Masturbazioni mentali di varia foggia, intensità e dimensione, attorno al concetto fondamentale di quanto sia bello quando l'Io cessa di esistere per fondersi in un Noi che diventa il Tutt'uno più tutt'uno di ogni altro Tutt'uno.

5) Varie ed eventuali, ma sempre con tanto cuoricini, bacini, slinguazzini, smanettini, cippalippi e picipaci.

Il tutto, ovviamente, senza una punta di ironia, sarcasmo o palese ischerzo, ma anzi, con l'intenzione casta e virginale di raccontarvi la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità riguardo i temi di cui sopra.
Perché l'ammmore non ammette menzogna.





Ma vaffanculo

lunedì 9 giugno 2008

Vietato vietare i divieti


Siamo proprio sicuri che essere completamente liberi da qualsivoglia norma restrittiva sia la soluzione a tutti i mali? Credo di no.

Oddìo, lungi da me il voler smontare quasi 300 anni di dottrine illuministe sulla Libertà liberissima e il sacrosanto Diritto dell'Uomo con la Maiuscola, nonché i loro svariati sviluppi figli dei secoli: il mio discorso è molto più terra terra. Come al solito, del resto.

Mi riferisco a quelle piccole ma imprescindibili regole che scandiscono il nostro quotidiano. Regole che magari ad un primo sguardo possono apparire noiose, incomprensibili, inutili o datate, ma che, a ben guardare, ci distinguono dalla bestialità di tutti i nostri fratelli quadrupedi che condividono con noi tanta parte del patrimonio genetico. E che, per l'appunto, sono animali proprio in quanto è loro consentito strabattersene gli zebedei di tutta una serie di regole.
Le galline e i bovi, per esempio, non devono mica andare alle cene del Rotary. E comunque, se ci vanno, indossano l'abito lungo con la stola o la camicia bianca con le scarpe nere, senza fare tante storie. Lo so perché l'ho visto.

Le regole sono importanti, per Bacco. Qualche esempio? Presto fatto. Ne prendo un paio a caso, di quelle che più mi irritano quando le vedo infrante.

- Sulla scala mobile si tiene la destra. A sinistra, proprio come per strada, si fa luogo a chi ha fretta di andare avanti.

- Le poesie si scrivono in metrica. In rigorosa metrica, tanto per essere chiari. Altrimenti non si scrivono proprio, e ci si accontenta di ripiegare sui pensierini patapuffolosi da "Diario di Poochie". Possono astenersi dal seguire pedissequamente questa prescrizione soggetti quali Ungaretti, Quasimodo, e quel pazzo scatenato di Filippo Tommaso Marinetti. Che però, a quanto risulta dai giornali del mattino, sono "ambetre" bell'e che defunti, e senza aver lasciato eredi spirituali degni di questo nome che possano prendersi altrettanta libertà in loro vece.
Questo comporta, in sostanza, che le seghe mentali in pseudo-versi abortiti dal cerebro degli studenti frustrati del Dams e dai loro degni compari di sfiga disseminati in centinaia di club per mentecatti letterari NON sono poesie. Al massimo, ma solo perché siamo magnanimi, sono dediche da Smemoranda o aforismi da cioccolatino malamente ratti dal loro habitat naturale per essere spacciati come dono di Calliope alla squinzia di turno. Che alla fine, immancabilmente, la dà. Rapita e attonita. Perché il capello lungo tira un casino.

- Alla gente che non si conosce ci si rivolge con il "lei". A meno che non si tratti di infanti, ovvio. Ma è buona norma, in ogni caso, insegnare agli infanti ad utilizzare la formula in terza persona nei confronti degli adulti. Con i quali, comunque, sarebbe sempre bene non interloquissero mai, specie se sono estranei e offrono caramelle o passaggi su grosse auto scure.
La confidenza viene concessa, mai presa arbitrariamente. Il "tu" è ottimo per affabulare i parenti stretti, omaggiare gli amici più cari e, reiterato più volte, imitare i telefoni occupati. E basta.

- Si dice "ci vediamo LA settimana prossima", e non "ci vediamo settimana prossima". Ucciderei volentieri a mani nude, con il solo ausilio di unghie di tre settimane e dita bisunte di pollo, tutti coloro che stuprano così malamente la nostra bella lingua. E sono tanterrimi, vacca boia. Anche per radio, e in televisione.
Insomma, passi per i congiuntivi, che ormai da generazioni e generazioni distinguono i Minchiasabbri dalla gente normale, e che quindi sono utilissimi per evitare sin da subito di legare con le cattive compagnie. Ma, merdapisciafigaevaffanculo, almeno sugli articoli sarebbe bene non risparmiare. Salvo voi non comunichiate tramite telegrammi, e il vostro portafogli pianga per cotanto scialo. Allora siete giustificati, ma solo perché di questi tempi il petrolio sfiora i 150 verdoni al barile...



Bon, basta, al momento non me ne vengono in mente altre. Se poi mi sovverranno, amplierò la discussione altrove, nei commenti o in un nuovo post "ad hoc". Nel frattempo, se ne avete qualcheduna da suggerire, fate pure come se foste a casa vostra...



Ah, maledizione, scusate, stavo proprio dimenticando la più importante

- La camicia bianca di giorno fa cafone. Va bene la sera, o comunque dopo le 19. Non si diventa più eleganti se la si ostenta alle otto di mattino in ufficio, solo perché ce la si è fatta fare su misura dall sarto mentree quella dei colleghi è azzurra, della Upim, e col taschino. Si dimostra solo di essere passato dai jeans a vita bassa D&G all'abito senza essere prima andato a scuola.
E la dimensione del nodo della cravatta non dev'essere freudiana compensazione di pochezza penica... Per quella c'è già il Rolex d'oro sul polsino.

martedì 3 giugno 2008

Cacca al diavolo e fiori a Gesù


Cacca al diavolo e fiori a Gesù (2v)

Gesù, ti dico buon Gesù
E invece a te, belzebù, ti dico vaffan…

Cacca al diavolo e fiori a Gesù (2v)

Gesù, ti dico buon Gesù
E invece a te, satanone, ti dico sei un c…

Cacca al diavolo e fiori a Gesù (2v)

Gesù, ti dico buon Gesù
E invece a te, satanasso, ti dico testa di…

Cacca al diavolo e fiori a Gesù (2v)

Gesù, ti dico buon Gesù
E invece a te, satanasso, ti dico figlio di un di…

Cacca al diavolo e fiori a Gesù (2v)