domenica 27 gennaio 2008

Llama song

sabato 26 gennaio 2008

Penultime volontà


Oggi ho partecipato ad un interessantissimo dibattito di rilievo internazionale dedicato al tema del testamento biologico. Era presieduto da un comitato etico composto da medici, ministri di culto di diverse religioni, giornalisti, opinionisti, trapezisti, agenti immobiliari con enormi nodi alla cravatta, e quelli che al supermercato sistemano i carrelli tutti bene in fila. E' stato molto edificante. E mi ha fatto riflettere sulle molteplici opportunità che oggi la scienza moderna, e non solo quella, offre al gentleman che voglia disporre delle proprie spoglie in maniera un po' più originare della solita tumulazione standard. Che ormai, diciamocelo, ha fatto il suo tempo.

Così ho deciso di stilare una breve lista delle varie alternative tra cui mi piacerebbe poter scegliere per l'utilizzo finale delle mie mortali vestimenta, casomai non dovessi averne più bisogno, di punto in bianco. L'ipotetica, qui, è d'obbligo. Perché negli ultimi tempi comincio a maturare sempre più consapevolezza attorno alla seria possibilità di essere immortale. E di aver avuto Dio come vicino di banco alle elementari. Tiè.

Comunque, ecco le soluzioni. Me ne sono venute suppergiù una mezza dozzina. Prendetene nota, perché non si sa mai.

1) Essere destinato a far da bersaglio per tutta la stagione dell'annuale campionato della Federazione Femminile Internazionale delle Freccette. Così si potrà dire di me che, anche dopo la morte, ho continuato imperterrito ad essere l'oggetto del desiderio di torme di donne bramose di giocare col mio corpo.

2) Essere sepolto a deretano in fuori, e quindi fotografato da Oliviero Toscani per diventare testimonial-shock della campagna ambientalista mondiale "Mai più città senza posteggi per le biciclette".

3) Essere cromato, come volle fare il mio carrozziere, oppure parzialmente cremato, come fu del mio lattaio buonanima.

4) Partecipare per qualche tempo alla trasmissione televisiva di Canale 5 "Uomini e donne", in qualità di tronista. Vi assicuro che da defunto, con una giacca gessata ed un paio di jeans indosso, potrei sciorinare parlantina, bella presenza, verve, fascino, cultura e humor piccante a sufficienza per non fare notare il mio stato corporeo alla stragrande maggioranza del pubblico a casa. Per di più, visto l'inevitabile rigor mortis, ritengo che nemmeno le fanciulle in studio avrebbero poi tanto da lamentarsi...

5) Indossare una tuta arancione, farmi dipingere graziosi circoletti a scacchi gialli e neri su tempie, polsi, gomiti e ginocchia, e diventare il pupazzo da crash-test automobilistico più realistico della storia.

6) Fare da pubblico simpatizzante ai congressi del Partito Umanista, oppure da membro della giuria al Torino Film Festival. Con il braccio destro appositamente sollevato di 180 gradi, potrei addirittura apparire come un soggetto talmente interessato all'evento da aver addirittura una domanda da porre, o talmente partecipe da voler votare (con una paletta numerata stretta nel pugno potrei tornare utilissimo anche nelle gare di ballo caraibico del dopolavoro ferroviario). Certo, qualora poi il moderatore mi passasse la parola, verrei smascherato in men che non si dica (tranne nel caso della convention Umanista, dove anche in questo caso continuerei a non dare troppo nell'occhio). Ma basterebbe un tavolo dei relatori abbastanza distratto dal dibattito autosuscitato, per farmi fare, anche da morto, un'ottima figura.

Originali, no? Già.
Ma poi ho pensato che, per esaudirne anche soltanto una, dovrei nominare in qualità di mio esecutore testamentario un soggetto spropositatamente dotato di sense of humor. Cioè Sbirulino, Mr. Bean o Ronald Mc Donald. E non sarebbe certo una gran trovata.

Motivo per cui ho formulato questa scelta, tanto seria per essere realizzabile quanto faceta per non smentirmi, nemmeno dopo la dipartita. Pronti? Bene, allora tenetevi forte: quando trapasserò voglio essere cremato, ed inserito in una clessidra da 8 minuti.

Così, anche da morto, sarò ancora utile almeno per cucinare un'omelette.

giovedì 24 gennaio 2008

Non siamo soli


Lo abbiamo sperato da sempre, di non essere i soli abitatori del nostro freddo e sconfinato Universo. Da sempre abbiamo atteso una risposta a quello che è stato il nostro quesito più grande.

Padroni della Terra sin dalla nostra comparsa in qualità di esseri senzienti e pensanti su questo pianeta, abbiamo sempre cercato di guardare fuori dai confini che la gravità ci aveva dogmaticamente costretto a rispettare.

Abbiamo sempre bramato guardare oltre, per non sentirci i soli a capire, a sapere, e a voler capirne e saperne sempre di più.

Abbiamo sognato con i libri di Asimov, con i film di Spielberg, con gli scoop di Giacobbo.

Abbiamo tremato per "Independence Day", riso di gusto per "Mars Attaks!", e ci siamo sciolti di tenerezza e affetto per il piccolo, dolcissimo ET.

Ma abbiamo anche avuto paura, addirittura terrore, al pensero che chi con noi abitava l'Universo ci fosse ostile, volesse invaderci, distruggerci, annientarci, portarci via tutto ciò che di più caro avevamo, e quindi ridurci in cenere. Senza pietà. Abbiamo avuto paura, confessiamocelo, perché abbiamo pensato che LORO potessero comportarsi come noi.

In fondo, però, lo abbiamo sempre saputo di non essere davvero soli.

Ora, però, la notizia è finalmente certa.

Abbiamo le foto.

Certo, qualche dubbio ci può aver sfiorato, ma anche a guardare bene la risposta è sempre la stessa: il profilo è inconfondibile, così come lo sono anche la posa, l'atteggiamento, i modi. Non sono né quelli di una roccia colpita da un bizzarro incrocio di luci ed ombre, né il frutto della nostra fervida immaginazione, del nostro fevido desiderio di trovare, di scoprire, di sapere.

Questa volta possiamo esserne sicuri.
Questa volta non ci sono errori.

Questa volta è vero per davvero.

ANCHE SU MARTE C'E' LA FIGA!!!!!!!!!!!

mercoledì 23 gennaio 2008

Una giornata infinita


Oggi ho guardato il Nulla negli occhi. E ho avuto molta paura.

Come un Atreyu con una ventiquattrore al posto dell'Auryn, ho perso il mio piccolo Artax nelle Paludi della Tristezza di una giornata buttata ne cesso a far niente. Ho duellato col Nulla, mi ha avvolto, mi ha avvinto.

Poi sono fuggito urlando, deciso a non incontrarlo mai più.

Al diavolo Fantàsia e quella sciampista dell'Imperatrice.

Perché, capperi, se anche il drago Smaug è in preda allo sconforto, allora non vale

lunedì 21 gennaio 2008

Ultim'ora

Dopo le dimissioni del guardasigilli Clemente Mastella e l'uscita dell'Udeur dal governo, il premier Romano Prodi ha deciso di correre ai ripari affidando il Ministero della Giustizia ad un uomo fidato e di polso, in grado di traghettare l'esecutivo con fermezza fino al termine del mandato. Capezzone si è detto contrario alla scelta, ma il suo intervento in aula non si è potuto concludere perchè l'esponente radicale è stato subito raggiunto da un calcio rotante. Non provate a fare i furbi

domenica 20 gennaio 2008

Astrologi, oroscopi, tarocchi e altre vaccate

Il più grande filosofo del Novecento, ovvero l'unico genitore di sesso maschile di cui il sottoscritto sia dotato, a proposito di oroscopi, sedicenti maghi, cartomanti, fattucchiere, promotori finanziari, tarocchi e medium vari ed eventuali, è solito dire: "Sono un po' come gli orologi rotti. E' ovvio che dicano l'ora esatta almeno due volte al giorno...". Mica per niente costui è il più grande filosofo del Novecento.

Leggo gli oroscopi ogni volta che posso, perché li trovo estremamente lassativi. Ed è quindi un'ottima maniera per cominciare bene la giornata. Ma mai una volta che, oltre a stimolare la regolarità del mio intestino meglio di quanto farebbe un Bifidus Essensis incursore paracadutista, qualcuno di essi ci abbia anche azzeccato nel pronosticarmi la giornata. Mai, neh. Nemmeno quando mi ci sono messo d'impegno a dargli una mano, dicendomi che, ok, ora metto in campo i migliori artifizi ermeneutici per far combaciare il fatto che la previsione mi dica che oggi troverò il mio vero amore svitando il tappo di un vasetto di conserva andata a male con il fatto che oggi, al contrario, dovrò andare a farmi togliere le emorroidi dal mio carrozziere di fiducia. Niente, nisba, nada.

Per questo rido un sacco quando qualcuno mi chiede di che segno io sia. Rido sulla fiducia, perché so già che risponderò con un segno sballato, giusto per poi godermi quello che dirà l'interlocutore subito dopo.

Mi spiego.

Il mio genetliaco cade il 7 di marzo, cosa che, curiosamente, accade con puntualità ogni anno. Quindi, da circa 23 anni a questa parte, appartengo per diritto di nascita al meraviglioso mondo del Pesci (scusate, ho mutuato l'espressione dal titolo di un documentario di Jacques Cousteau, ma solo per creare un po'di pathos). Però, per il motivo di cui sopra, rispondo regolarmente con menzogne spudorate del tipo Vergine, Toro, Cancro, Gemelli, San Siro, El Alamein, Rio de la Plata, Pro Sesto, Partito Umanista, e altri animali simili. E la risposta è sempre la stessa: "Ma certo, l'avrei scommesso che sei Sagittario ascendente Biglietto del Tram! Perché sei solare, poco nuvoloso sul tratto medio appenninico, obbligo di catene sul Colle di Tenda, e poi ti piacciono la Nutella, il rasoio bilama e le donne nude, ti pettini con la riga verso sinstra, detesti il tamarindo sugli spaghetti all'amatriciana, apprezzeresti il fascino del baseball se solo ne afferrassi almeno un minimo le regole, e vai d'accordo con l'Ariete, la Ballista, il Trabucco e svariati altri strumenti d'assedio romano-medievali". Poi, di solito, l'interlocutore esperto di astrologia applicata, tanto per sottolineare che lui è esperto e su queste cose non sbaglia mai, prosegue: "Occhio però a non posteggiare in doppia fila sulle strade di San Francisco nei giorni dispari, perché c'è quel farabutto di Urano nel Leone che ha il brutto vizio di rubare la benzina mentre la Luna gli fa da palo, 'sta stronza impunita...".

Poi ci sono i mestieranti, quelli che di queste vaccate ci campano, e non perdono occasione per farcelo sapere da tv, internet e giornali. E loro sono davvero i più bellissimi del mondo. Ci sono quelli dotati d'un certo charme, fascino e cultura, che ammaliano e incantano, e allora va be', ci si può anche far abbindolare, se si è talmente depressi da scartare addirittura l'ipotesi del suicidio per overdose da barbiturici. Peccato però che questa tipologia di ciarlatano rappresenti una strettissima minoranza, e che la maggioranza sia composta invece da beceri cafoni privi persono del programma di avvio italian-basic 3.1 così come del pollice opponibile, cui un soggetto sano di mente non affiderebbe nemmeno per cinque minuti le chiavi della macchina. Figuriamoci poi farsi impartire la lezioncina su amore, lavoro, salute, totocalcio e messa in piega.

Io li amo tutti, indistintamente e visceralmente. Starei ore e ore ad ascoltarli mentre parlano da dietro le loro scrivanie coperte di pesante broccato viola, giostrandosi tra palle di vetro, pendolini, pentacoli, compassi e squadre, tarocchi, clementine, mapo; ma anche carte da scopone scientifico, santini di Padre Pio in bikini con le spiagge di Acapulco sullo sfondo, cavalli a dondolo, ricchi premi e cotillon, libero subito in stabile signorile, telefonare ore pasti, astenersi perditempo; e poi candele colorate, sturalavandini travestiti da idoli del mesoamerica, gufi impagliati, sguardi ingrifati, piramidi egizie, incensi indiani, zuppe inglesi, pastori tedeschi e insalate russe.

Vedono, prevedono e provvedono amori sbocciati, ginocchia sbucciate, assunzioni all'Enel, all'Anas, alla Nasa, licenziamenti in tronco, specie se si è boscaioli, mali orrendi e mali meno orrendi, vacanze in Mali, e poi di Mali in peggio, perché turista fai da te ahi ahi ahi ahi ahi, bagagli smarriti, zagaglie scagliate, ossa scheggiate, disastri ferroviari, coincidenze, incontri fortuiti tra casseforti che poi esclamano "toh, ma tu guarda che combinazione!", bambini nati e tombini chiusi, torni domani chè il dottore è fuori ufficio.

Quel che è certo, è che carte, cartine, cartacce e zodiaco sono un'ottima scusa per i fallimenti di chi è troppo pusillanime, o ahilui troppo disperato, per cavarsi da solo dagli impicci dell'esistenza. Perché dai, è facile consolarsi se si pensa che si è brutti, pelosi e grassi solo perché Urano ha messo un dito in culo a d una Venere irritata perché quel giorno lì c'aveva le sue cose.

sabato 19 gennaio 2008

"Lei è Futurista?" "Coglionazzo, please"


Non so se lo sapevate, ma Graziano Cecchini è un genio Futurista. C'è scritto sul giornale, e lo hanno detto pure alla televisione. Quindi dev'essere per forza vero.
Graziano Cecchini, lo dico per quei due o tre che trascorrono la loro vita chiusi in una cassapanca, nutrendosi del pane carasau che i parenti gli passano dalla fessura dell'anta, e che quindi per questo motivo ancora non lo sanno, è il tizio che l'altro giorno ha fatto girare un sacco di palle giù per le scale di Trinità dei Monti. E non solo metaforicamente parlando. Ma comunque anche.
E lo ha fatto perchè è un Futurista, mica perchè è un pirla sciroccato in cerca di visibilità. Nossignore, è Futurista. Che secondo mè ce l'ha scritto pure sulla carta d'identità, tra i segni particolari, assieme all'orecchio in mezzo alla fronte.
Ecco infatti, in eslcusiva per i 25 lettori de "Il Resto del Pautasio", l'intervista da lui rilasciata subito dopo la messa in atto dell'impresa per rivendicare il gesto che più Futurista non si può:
Giornalista: "Buongiorno signor Cecchini"
Cecchini: "Buongiorno è un'espressione vecchia, e io che sono Futurista non la tollero mica"
G: "Allora pim pum pam signor bambam Cecchini rattattattattattattà"
C: "Così va meglio. Lei è bravo, sa?"
G: "Grazie"
C: "Prego, s'immagini"
G: "Perchè lo ha fatto?"
C: "Fatto cosa?"
G: "Le palle"
C: "Beh, mi prudevano...perchè, lei si imbarazza?"
G: "Ma no, intendevo le palline colorate, quelle di piazza di Spagna..."
C: "Ah, mi scusi, pensavo si riferisse alla patta aperta... Beh, l'ho fatto perchè sono Futurista!"
G: "Cosa, le palle o la patta aperta?"
C: "La patta...cioè, no, volevo dire le palle.Le palle perché sono Futurista, la patta perché sono distratto. Sa com'è, guardando al Futuro ci si dimentica del presente"
G: "E per la fontana di Trevi?"
C: "Dunque, è facilissimo: lei vada dritto per di qua, poi all'edicola gira a destra, quindi non la prima, non la seconda, ma la terza traversa è quella che la porta cacato cacato davanti alla font..."
G: "No, porti pazienza se la interrompo, ma intendevo la vernice nella fontana..."
C: "Ah, mi scusi... sa, non avevo mica capito. Beh, l'ho messa per fare una cosa Futurista"
G: "Ma è un atto vandalico!"
C: "No, è futurista. Se mentre lo fai gridi forte bim bum bam, fante cavallo e re, merda piscia figa e vaffanculo, zot zot, brum brum, Alka Seltzer, allora è futurista"
G: "Capito. Grazie"
C: "Ma si figuri. Ora la devo salutare. Sa com'è, mi scappa urgentemente di fare due gocce di Futurismo..."
Questa grandissima testa di Futurista, con la buonanima di Filippo Tommaso Marinetti, non mi sembra però proprio fare il paio. Lui, se ve lo ricordate, proponeva di radere al suolo Venezia, simbolo di un retaggio antico e muffito da cui liberarsi una volta per tutte per lasciar posto al nuovo. E giù con l'elogio della modernità, del nuovo che avanza, e le poesie farcite di "brum brum, pim pum pam, motore, cilindro, pistone, veloce veloce, sbadabam bim bum, aeroplano, piroscafo, bip bip, mitragliatrice, trentatrè trentini che trotterellano contro tre tigri, lèvati dal cazzo vecchiaccia di merda ché devo sfrecciare in via del Corso sulla mia Mefistofele nuova di pacca, ifix tchen tchen".
Ok, d'accordo, era pazzo da legare, ma volete mettere l'originalità e il coraggio intellettuale?
Costui, invece, dopo aver minto come un malato di prostata dentro la fontana di Trevi, ha bersagliato la Barcaccia con uno scroscio di 500 mila sfere di plastica multicolore. Scena ovviamente immortalata da ogni angolo, pronta per essere rivenduta seduta stante al miglior offerente. Tanto che il sito di qualsiasi testata giornalistica, compreso "L'Eco della Val Sopata", oggi può sfoggiare un book di tuttissimo rispetto a testimoniare l'evento. Casualmente, neh.
Un tempo, quando il mondo poteva ancora dirsi civile, gente come questa avrebbe trascorso i suoi giorni rinchiuso in una rilassante cameretta bianca, dalle pareti imbottite, indossando una camiciola di flanella spessa con le maniche curiosamente allacciate sul didietro. Oggi no, oggi basta che dica di essere Futurista e finisce osannata, o quantomeno deprecata molto blandamente, sui giornali.
Per cui è chiaro. Pisci sui muri? Sei Futurista. Butti le cicche per terra? Sei Futurista. Caghi nelle acquasantiere? Sei Futurista. Picchi i bambini? Minchia se sei Futurista! Stupri ripetutamente la nonna del tuo migliore amico ogni qualvolta l'Atalanta passa gli ottavi di Coppa Italia? Indovina un po', sei Futurista. Vomiti sul palco durante la diretta tv della Notte dei Telegatti? Non sei Futurista, ma ti stimo un casino ugualmente.

venerdì 18 gennaio 2008

Get a life, open your Windows


Il mondo del copyleft mi fa raccare pesantemente. E’ un fenomeno che, tanto per dare un'idea, mi provoca un voltastomaco pari, se non addirittura superiore, di quello suscitatomi da ciò che fanno le sorridenti fanciulle di questo sito qui. (Avviso ai naviganti: occhio che è roba solo per stomaci forti. Anzi, fortissimi. E pure molto masochisti. Se ne sconsiglia dunque la visione a chicchessia, specie in prossimità dei pasti e in qualunque altro momento della giornata).

Ma torniamo a noi. Poco fa, prima che non ascoltaste i miei saggi consigli e vi bruciaste il dito, mparlando di copyleft, mi riferivo in particolare al sottomondo "open source", quello di Linux, e altra popò similare. (Ommioddìo, ho detto popò. Addio fioretto…).

Facciamo un passo indietro. Il principio del copyleft nasce dalle menti strafatte di marijuana di alcuni programmatori americani post sessantottini che, stufi del dilagante imperialismo che si celava subdolamente anche nelle loro fette mattutine di pankake irrorato di sciroppo d'acero, decisero di promnuovere un sistema di diffusione delle idee e della conoscenza che fosse in netta contrapposizione con quello tutelato dai diritti d'autore. Per essere più precisi, ilconcetto compiva un passo ulteriore: piùl'idea era geniale, più l'innovazione straordinaria, più doveva essere accessibile al mondo intero e anche a quello parzialmente scremato, senz alcun tipo di tutela o riconoscimento per l'ideatore e per il mazzo che s'era fatto in anni e anni di studio e applicazione.

Detto in parole povere: se dipingi la Monna Lisa devi poi condividerla "aggratis" con il mondo, perché è talmente bella da essere patrimonio dell'Umanità intera, e pure dei marziani, ammesso che esistano, quindi scordati qualsivoglia compenso per la tua opera perché tutti quanti debbono poter goderne ad libitum. E soprattutto, è bene ripeterlo, gratis. Quindi a morte i bigliettai del Louvre.
"Sed atque ista magna mentula!"* risponderebbe a questo punto Catone il censore, se la buonanima delll'illustre filosofo fosse ancora vivo. Certo lo esclamerebbe, ovviamente, solo dopo aver esclamato: "Sus meretrix, aere provectus vere sum...". Ma questa è un'altra questione. La cosa importante da sottolineare, a mio modestissimoavviso, è che se io sono Leonardo Da Vinci, e voi una mandria di bovi nutrita a yogurt dietetici e soap opera, dovete cacar quattrini come se piovesse se volete godere anche solo di una briciola del mio immenso genio. E questa è cosa buona e giusta. Altimenti sintonizzatevi di corsa su Canale 5, ché forse fate ancora in tempo a beccarvi Maria De Filippi.

Perché da che mondo è mondo libri, film, fumetti di Madrake, biglietti del teatro, del cinema e del museo, dischi di Little Tony, giornali di donne nude, opuscoli di taglio e cucito e consulti dall'urologo SI PAGANO. Tanto, poco, il meno possibile, a seconda di quel che si riceve, come sarebbe l'ideale avvenisse sempre. Ma si pagano, per dare un "cum quibus" a chi dall'altra parte si è rimboccato le maniche o si è spremuto le meningi per prestarci il dato servigio.

Orbene, i fautori della bizzarra filosofia "arci-liberal" di cui sopra, si sono fatti ormai da tempo alfieri di una campagna, nello specifico anti-Microsoft, (ma potrebbe essere tranquillamente anche anti-MacIntosh, se solo avesse una quota di mercato un filino più estesa), che punta il dito contro il gigante cattivo del computer che priva il mondo dell'accesso libero e bello al sapere informatico, costringendo, così dicono, l'utente medio del computer ad utilizzare macchine obsolete, dotate di programmi vetusti e claudicanti, solo per poter guadagrane più quattrini.

E questo potrebbe anche essere vero. Ma è inutile lamentarsi di un monopolio, o di un oligopolio, se poi dall'esterno nessuno è in grado di presentare un prodotto abbastanza buono e utile da poter scalzare il soggetto dominante dal suo trono dorato, o anche soltanto da poterne scalfire le zampone leonine.

Sono un po' stufo, ordunque, di sentirmi dire che Linux, che ti scarichi tu e ti paciocchi quando e come vuoi, è millanta volte più figo, più veloce, più versatile, più meglio, non prende virus (sfido, è un pinguino, ergo è abituato ai rigori dell'inverno più rigido del globo) del Uindozz Icspì che Memedesimo si è trovato invece già installato sul suo computer quando l'ha acquistato dal ricettatore maghrebino a Porta Pila.

"Piacere - rispondo io - sono Grazia Alcazzo".

Perché anche una normalissima Toyota comprata dal concessionario, se viene poi messa nelle mani di un meccanico con i controfiocchi, riesce a dare pastine ad una McLaren da Formula 1 in una gara di spunto sul quarto di miglio. Ma sta di fatto, nerdissimi amici miei, che se non siete dei maghi della tastiera e del mouse, e soprattutto se avete tanto di meglio da fare per spendere i vostri vent'anni, non riuscirete a cavare nemmeno un decente programma di videoscrittura da queste beneamate piattaforme del piffero.

Quindi non raccontatemi che Linux, o chi per esso, mi rivoluzionerebbe radicalmente la vita, se solo Bill Gates mostrasse la cortesia e il buon gusto di farsi investire dal tram una mattina mentre va a comprare il giornale nell'edicola sotto casa.

Prendete uno come il sottoscritto, Medioman d'assalto come ce ne sono tanti al mondo. Uso il computer per due cose sole: aggiornare il blog, e visitare uno o due siti internet. Ma sono un incapace sesquipedale e un tremendo inetto giàsoltanto se mi si apre a tradimento la pagina di Excel. Per espletare al meglio le mie uniche due funzioni multimediali, quindi, ho bisogno di piattaforme che facciano tutto da sole, compreso accendersi e spegnersi. Compreso il caffè, magari. E che dunque mi chiedano, al massimo, di digitare da solo un indirizzo con un www davanti.

Perché quando al termine di una seduta di autostimolazione dei paesi bassi di fronte alle immagini in streaming della porcella di turno mi capita di non sentirmi completamente soddisfatto preferisco limitarmi a cambiare mano, o al massimo a cambiare porcella, e non mi va di riprogrammarmi il portatile, il citofono, la lavatrice, l'orologio a cucù e il videoregistratore con un software più liberale del mio...


Ps: l’autore di questo post non ha ricevuto da Mr. Microsoft e da Mrs. Apple nemmeno un bigliettino di auguri in occasione dell’ultimo Natale. Tanto per darvi un’idea del livello di riconoscenza di certe persone

Pps: vi avevo detto di non cliccare quel link là sopra, perché era una roba davvero brutta. Vi avevo avvisato, sconsigliato, messo in guardia. Ma voi l'avete fatto lo stesso, perché vi credete i più furbi e coraggiosi del mondo. Non lamentatevi con me, quindi, se ora vi tocca ripulire il parquet del tinello dal vostro vomito. Anzi, andate a dire alla vostra mamma di mettere al mondo un pargolo più sveglio, la prossima volta che si cimenta nella prova


Note (traductio ad sensum):

* "Ma nemmeno per sogno"

** "Acciderbolina, sono davvero longevo..."

giovedì 17 gennaio 2008

No shit allowed


Faccio un fioretto: per un po' non scriverò più post dedicati, ispirati, finalizzati o inneggianti alla cacca.
Promesso.
Giurin giurello.
E se mi date una mano anche voi, possiamo persino fare un fioretto a squadre.

mercoledì 16 gennaio 2008

Mitridatismo alla merda


Dopo attente analisi e approfonditi studi, sono giunto alla conclusione che la vita non è altro se non un gigantesco nastro trasportatore da mensa aziendale, davanti al quale siamo seduti, in perenne attesa del pasto.

Peccato soltanto che sul nastro non scorrano solamente pietanze prelibate. Di tanto in tanto, infatti, vi passa la merda. Già, proprio la merda. A volte tanta, a volte poca, ma sempre puzzolente e sozza. Merdiforme, merdace, merdosissima merda, insomma.

Spesso, per fortuna, si tratta soltanto di piccoli stronzetti di cane rachiticamente rinseccoliti, che transitano a cadenze così dilazionate nel tempo da venir quasi archiviati dal subconscio come inesistenti. Ma è proprio in quei momenti, proprio quando si volta le spalle al nastro con ostentata sicumero, che esso ci scarica nel piatto badilate su badilate di letame caldo e fumante. Carrettate. Vagonate. Container interi di merda. Proprio tanta merda.

Allora che si fa? Si annega? Certo che no. Non ci si arrende mai senza lottare, e se lo dice anche John Wayne c'è da crederci. Si nuota? Neppure, perché prima o poi le forze vengon meno, si annaspa, e quindi si annega.

Ebbene, che ci resta da fare? Mangiare tutto, di gran gusto, dalla prima all'ultima forchettata. Anche se ha tutt'altro che un buon sapore.

Però occorre essere adeguatmente preparati.

Un modo per esserlo c'è. Lo chiamo "mitridatismo alla merda", in memoria di quel celebre re del Ponto che, temendo di venir avvelenato da un momento all'altro, ogni mattina, a colazione, nel caffé, scioglieva una gocciolina di veleno, tanto per abituare poco alla volta il proprio organismo all'imminente attentato. E fu così che la scampò, per giunta più di una volta, con gran scorno di chi gli voleva male, e poté così coronare il suo desiderio di lasciare in eredità il proprio regno a Roma. Bella storia, neh? Ne faccia tesoro.

Un cucchiaino di merda al giorno, dunque, tanto per tenere il palato in allenamento, pronto anche a fare indigestione all'arrivo del Big One di magna merda che inonda e affonda. Così, mal che vada, ci si procura al massimo un acetone di quelli seri.

Ma si sopravvive. E, come dicono sempre nei film gli eroi bellissimi e fortissimi con la sigaretta all'angolo della bocca, "quello che non t'ammazza ti rende più forte". Dico bene?

Allora coraggio, non disdegnare mai il tuo cucchiaino quotidiano di fragrantissima cacca!

martedì 15 gennaio 2008

Elogio della decadenza



La compagnia di un amico speciale, di quelli che sanno cosa pensi e comprendono cosa ti cruccia anche solo guardandoti negli occhi; di quelli che ti risollevano una giornata storta con un aneddoto geniale accompagnato da un bicchiere di Porto; di quelli che Dio esiste perché ci sono loro. Una bottiglia di eccellente Lagavoulin invecchiato sedici anni quasi piena, che è un peccato lasciare da sola in cantina, e che ti rammenta anche lei che l'Altissimo c'è, eccome. Un buon sigaro. Anzi, più d'uno. E poi parole, tante, inutili, barocche, rutilanti, prive di senso, ma vive e splendide come poche cose sanno esserlo.

Ecco come una serata da buttare nel cesso si trasforma come per magia in un surreale viaggio in un mondo che non c'è più, grazie anche al cameo, piacevolissimo quanto inatteso, di un elegante, impeccabile Lord Byron dei giorni nostri. Ecco come l'esasperata apoteosi di una ricercata ed elegante decadenza diviene trionfo, e idilliaco rigoglio dell'animo.

Discorrere sulle note più alte della produzione Beethoveniana di duelli e squalifiche per codardìa, con tanto di successivo dileggio del perdente sulla bacheca del club, davanti ad un caminetto in cui bruciano surrogati di legna. Auspicando, nel frattempo, un'epico scontro con le armate del Gran Khan, catafratti da cotte di maglia di finissima fattura.

Vedere il fondo della pregiata bottiglia alle quattro del mattino, reggendo in una mano il bicchiere ormai tristemente vuoto, e nell'altra una fetta di panettone già addentata, mentre Youtube dà il peggio di se,' con Studio Aperto che dal regno del catodo tiene fieramente il passo, quasi si trattasse di una sanguinosa quanto imperdibile sfida al più osceno.

Conquistare il mondo intero e dominare il globo terracqueo due volte di fila, ma solo con le armate verdi di Risiko. Perdere la Jacuzia, e piangerla, e poi bestemmiare, come fosse stata il bene più prezioso, l'affetto più caro di una vita intera, strappato all'improvviso e senza un perché.

Uscire per le strade di San Salvario a notte fonda, in pigiama di seta e cappotto di cachemire, perchè si stava per andare a dormire ma ci si è ricordati all'ultimo che occorre trovare un parcheggio più adatto alla propria auto che non sia piazza Madama Cristina, dove ogni mane si celebra la fiera dell'assurdo con le sue psichedeliche bancarelle. Presto, bisogna fare presto: prima che le odiate guardie del bargello sequestrino il mezzo motorizzato.

Destarsi a metà mattina al suono di una caffettiera che trilla come un telefono portatile, pur senza ritrovarsi affatto in un quadro di Hyeronimus Bosch. Ma solo perché oggi, in questo pazzo, pazzo mondo moderno, anche dietro la scorza asetticamente metallica di una Moka tricolore si cela un'anima da radiosveglia giapponese.

Flirtare - ancora assonnati e col fegato dolorosamente pulsante, a ricordare con impertinenza ciò che è accaduto la notte precedente - con la cameriera di una raffinata caffetteria, timida bellezza dal sapore un po' ellenico e un po' orientale, fasciata con vezzosa e ricercata trasandatezza in un grembiule da maitre azzurro cielo d'aprile, discorrendo di quanto sarebbe bello poter maneggiare piatti e tazzine al suono travolgente della più sublime rapsodia di Rachmaninov.

Satollarsi fino a scoppiare con le pietanze più disparate prelevate dal rullo in continuo moto di un sushi bar incredibilmente avaro di sushi, e tutto questo solo per poter rimirare da sempre più vicino l'agognato premio di una katana senza filo con la quale lambiccare di potersi aiutare con la destrezza di uno shogun nelle tristi ambasce di una coda allo sportello delle Poste.

Vedere il proprio blog come una novella Moleschina, e postare un diluvio di freschi ricordi mentre la triste voce di Edith Piaff, che canta come nella vita ci sia malinconia in agguato anche nella felicità, fa da intervallo a valzer di pianoforti e fisarmoniche francesi.

Può mente umana immaginare qualcosa di più sublime?

lunedì 14 gennaio 2008

Tre blogger al bar


Certe cose succedono perché devono succedere, e basta. Come quello che è capitato sabato sera, quando una normale rimpatriata tra ex compagni di scuola, ancora oggi (stranamente) ottimi amici, si è trasformata involontariamente in un summit tra blogger made in Blogspot. Tre (de)menti geniali a confronto: Ilallà, Ale, e, ovviamente, Memedesimo. Tutti e tre assonnati, scazzati col mondo e annoiati di default, ognuno per ragioni proprie. Gli ingredienti perfetti per un'ottima serata, o per un film della Comencini. E allora ecco che già quattro secondi dopo essersi ritrovati a bordo della stessa macchina sono cominciate le cazzate a nastro.

Ma il meglio di se' stesso questo malassortito trio é riuscito a darlo solamente una volta giunto a destinazione: una gustosa e pittoresca birreria torinese di cui, per motivi religiosi, non farò il nome. Però potrò abbozzare una breve quanto intensa cronaca di quanto poi avvenuto al suo interno.

Mi appresto a cominciare.

Quindi comincio:

Non appena smontati dal veicolo motorizzato di Memedesimo, Ilallà inizia subito a demolire le gonadi del restante 66,66% della comitiva (suppongo essendo lei, per ovvie ragioni fisiche, priva di propri ammennicoli da martellare in totale autonomia): "Guardate che secondo me è tutto pieno". "Va' un po' a cagare" le replicano gli altri due con uno sguardo. Per fortuna, nulla è mai così pieno come si supponga, comprese le cavità vaginali di Ylona Staller in arte Cicciolina, e così nemmeno la birreria fa eccezione.

Ale entra per primo, dopo che l'avventore che lo ha preceduto ha pensato bene di chiudergli la porta in faccia con la cortesia di un mulo. "Un tavolo per tre, grazie" dice Memedesimo, quindi la comitiva si accomoda. Sono tutti attorno ad un tavolino a tre gambe, perfetto per reggere un vaso di begonie o per animare una seduta spiritica, un po' meno per ospitare tre avventori. Non solo per le dimensioni, ma anche perché se ne sta appollaiato sull'angolo più infelice del palchetto su cui solitamente i batteristi dei complessini jazz che si esibiscono nel locale il martedì sera ammucchiano i cappotti dell'intera band. O, in alternativa, relegano il clarinettista sfigato a soffiare nel suo maledettissimo tubo strillante.

Ilallà è l'unica a poter conferire alle sue terga una parvenza di comodità. Ale, invece, è sull'orlo di un baratro: le gambe posteriori della sua seggiola sporgono pericolosamente dal bordo del succitato palco. Così ogni qualvolta, durante il corso della serata, si troverà ad accompagnare con ampi gesti le sue discussioni, colpirà con gomitate di inusitata violenza ma dosata crudeltà l'avventrice alle sue spalle. La quale, però, essendo tanto brutta da risultare addirittura inguardabile per occhi cresciuti con l'amore per il Bello, merita ogni singola percossa. Memedesimo, invece, che arrivando per primo potrebbe accomodarsi su un triclinio sistemato per traverso, si sceglie in pieno il posto dei cappotti (o del clarinettista sfigato, a seconda). Adorabile idiota. E per poter sorbire compostamente la sua birra (pardon, due birre), dovrà assumere una curiosa posizione triplocarpiata nella quale, meraviglia delle meraviglie, riuscirà a dare maleducatamente le spalle perfino a se stesso.

I tre ordinano.

Ilallà, la quale evidentemente ha fatto il militare a Cuneo, rigorosamente negli alpini, chiede un vin brulée. E' la terza volta che i tre fanno visita a quella birreria, ed è la seconda volta che Ilallà ordina vin brulée. La prima, invece, aveva chiesto una tisana al dolce finocchio (si chiamava proprio così, lo giuro su Mike Bongiorno).

Ale si lascia convincere da Memedesimo a scegliere la sua stessa birra: la Duchesse de Bourgogne, una birra scura e dolce, da meditazione, fresca, rotonda, assai gustosa. Insomma, una delizia per il palato e un conforto per il cuore. Assieme ai pedofili e ai serial killer, l'unica cosa che in Belgio sappiano fare divinamente. Peccato, però, che la suddetta non sia così diffusa sulle carte delle birre di pub e birrerie del globo terracqueo. Quello dove i tre sono appena approdati, infatti, è uno dei pochi tavoli in Torino dove la si può degustare, servita magistralmente in un bicchiere a coppa, come vuole l'etichetta.

Memedesimo ama visceralmente la Duchesse de Bourgogne. Memedesimo venera al pari di una profetessa la Duchesse de Bourgogne. Memedesimo venderebbe sua madre per una bottiglia da 33cl di Duchesse de Bourgogne. Memedesimo fa regolarmente sogni erotici con la Duchesse de Bourgogne raffigurata sull'etichetta delle bottiglie di Duchesse de Bourgogne. Indovinate un po'? Memedesimo è andato lì apposta per poterla bere.

Per questo la ordina:

Memedesimo dice, con una pronuncia così perfetta da lasciare di stucco la cameriera: "Una Duchesse de Bourgogne" ma pensa in realtà "Godo come un mandrillo al solo pensiero che tra qualche minuto avrò un bicchiere gelido e appannato di condensa tra le mie mani, traboccante di schiumoso nettare".

Cameriera risponde, senza scomporsi: "Mi dispiace, l'abbiamo finita".

Memedesimo, all'apice di una delusione provata poche volte nella sua breve esistenza: "Ah...che peccato". Ma pensa in realtà "Muori, zoccola!"

Cameriera: "Le posso portare un'altra birr..."

Memedesimo: "Zitta, infame sgualdrina, sto ancora cercando di elaborare la terribile notizia!". In realtà lo pensa soltanto, perchè le parole che escono sono: "Allora mi porti una Barbar Rouge (triste ma bevibile surrogato della Duchesse, ndr), per cortesia".

Cameriera (si allontana qualche istante per chiedere conferma dalla regia, poi torna. Visibilmente imbarazzata. E tremante): "Spiacente, non abbiamo più neanche quella...".

Memedesimo: "Mi stai pigliando per il culo? Di' un po', mi stai pigliando per il culo, eh? Rispondi, puttana: MI STAI FORSE PIGLIANDO PER IL CULO? Che tu sia travolta dalla sciolta all'istante, deprecabile meretrice! Che la tua progenie fino alla sesta generazione a partire dalla tua sia affetta da numerose malattie dermatologiche per l'intero corso della sua esistenza, vacca maledetta! Cosa cazzo tenete i nomi le birre scritte sul menu se poi non le avete in cantina? Imparate a tirare una fottutissima riga con un fottutissimo pennarello sulle fottutissime bibite di cui non disponete, Cristosanto!".

In realtà anche questo si limita a pensarlo, perché quello che la cameriera ode è solo un sommesso: "Va bene, allora mi porti la Blonde".

Poi, non contento, Memedesimo fa la cazzata. E domanda: "Che cosa c'è di dolce?". Al che la cameriera attacca un monologo shakespeariano di dodici ore e mezza filate, stile Ben Hur director's cut, con tanto di backstage inclusi sul terzo Dvd, in cui elenca manufatti culinari di ogni genere e sorta, che vanno dalla crostata di ciliege e l'apple pie fino al sufflè di tigre siberiana, la mousse si spinterogeno, il timballo di incidente automobilistico e la meringata all'intonaco.

"Pietà, la prego, pietà! - la interrompe ad un certo punto Memedesimo, quando ormai dalle finestre del locale l'alba allunga le sue rosee dita sugli avventori tutti - prendo quella roba che c'ha il cioccolato dentro". "Il cartello di divieto di sosta glassato?" fa lei. "Sì, quello" liquida lui.

Ale intanto, per evitare ulteriori incidenti diplomatici, o più semplicemente per risparmiarsi altre perdite di tempo, ordina timidamente una birra da supermercato adulterata con minio e bulloni e servita in un water closs.

Qualche minuto dopo, i tre possono degustare le rispettive bevande.

Memedesimo paga con una banconota da 500 copechi appiccicaticcia e collosa, prelevata poche ore prima dal Monopoli di un suo carissimo amico armeno. E riesce a farsi dare anche il resto.

Ale cerca l'oro, o forse un po' di gnocca, sul fondo del proprio bicchiere.

Ilallà, in segno di amicizia e stima verso i due commensali, sputazza chiodi di garofano prelevati con le unghie dei piedi dal suo vin brulée: "A me non piacciono", sentenzia con flemma.

Poi i tre passano alle foto idiote con il cellulare. E mentre Ale scuote la testa con disapprovazione, provocando ferite lacerocontuse multiple sulle membra minute dell'intrombabile scorfana alle sue spalle; Ilallà partorisce immagini dense di poesia e di pacioccosa bambinosità (le trovate sulla destra, tra un gatto e uno sguardo lascivo); Memedesimo si mostra assai più prosaico. Producendo questo:




Sì, bambini, è proprio un pupparuolo, stilizzato con grazia e fine senso estetico attraverso l'allineamento geometrico di un numero imprecisato di gusci di pistacchio. Peccato che Ilallà non gli abbia dato il permesso di lasciarlo come mancia alla cameriera. A Memedesimo sembrava una di quelle che avrebbero accettato il dono con gioia. Un po' come un bambino del Biafra con un tramezzino al prosciutto...non so se rendo l'idea.

Pazienza, sarà per la prossima volta. Sperando che stavolta ci sia la Duchesse...

mercoledì 9 gennaio 2008

Tutte le strade portano al Pautasio. E forse è il caso di chiudere lo svincolo...


Ecco chi o cosa cercavano su Google & Co. tutti quelli che mi hanno cliccato in questa prima decade del 2008. Rabbrividiamo insieme (in rosso trovate le perle piùsplendenti, mentre, tra parentesi, i miei edificantissimi commenti):


ciau bale; ciau bale movie; il resto del pautasio; pautasio; whore; salad finger; il pene d'ebano; il pene del cane; ilrestodelpautasio; mi son strappato i peli del culo; nero è bello; salviamo il congiuntivo; sfondi paracadutisti; shimajiro; vlad iii; youtube cacca dura; "arthur de gobineau"; +farmacia +turno +carrara; abiti cancerogeni cina: all i want for christamas is you. canzone di maraja carri (questo, a mio parere, merita una stending ovescion); alla ricerca del pene ebano; attention whore; attention whores; biova; biove (fornai alla carica); c'è mimì pierin che fa la cacca; cane dentro la farmacia; cane pus gomito ascesso (avesse scritto anche "cerume muco cacca Alessandro Baricco" avrebbe fatto l'en plein del ribrezzo); canzone per funerale (se sei felice e tu lo sai batti le mani...); catena farmacie torino; cazzo grande peloso (oh, finalmente un maniaco sessuale!); centovetrine catfight; che requisiti servono per film porno (quello che ha cercato appena adesso il maniaco); ciau bale video; col cul fatto trombetta; come preparare una molotov; cosa sono le fistole perianali del cane (sei proprio sicuro di volerlo sapere?); cristoni; cumiana evento paracadutismo; dal vangelo secondo me (SECONDO ME sei un tantinello egocentrico); dante; dentro il cane c'è troppo buio per leggere (allora accendi una fistola perianale); doretta non risponde (si prega di riprovare più tardi); e il cul mi fece trombetta dante (quando il Sommo Poeta si fa proctologo per i suoi lettori); effetti sonori delle iene iiiiii (credo si chiamino guaiti...); emorroidi del cane; emorroidi personaggi noti (Eeeeh?!?!? Ma cerchi foto delle ragadi di Paris Hilton per vedere se sono tempestate di Swarovski?); era detto crok (il pistolero texano in ciabatte di gomma); esercito piemontese pautasso; fare le biove; farmacia torino di turno; farmacie di turno 3 pescara; farmacie di turno a torino; farmacie di turno torino; farmacie turno notte torino (mi avete preso per il notiziario dell'Asl?); feat; fenomeni da baraccone; gabinetto dermatologico a torino; gara paracadutismo novi ligure; giochi doretta (sulla ruota di Napoli e tutte); giovine donne nude (le sto cercando anche io...); gli hobbies sono parte integrante del nostro tempo giornaliero (grande verità, ma io che c'entro?); graffiti collegno; granatiere austriaco 1747; il dante attribuibile (eh?); il pene d ebano (l'apostrofo, Cristo!); il whisky mi fa venire nausea (mi spiace); image_1958.gif (eccone uno che sa esattamente quello che vuole); la biova (panettieri rulez); la differenza tra tesi e antitesi(uhm...difficile); la morte di vlad 3 ('cazzo è, un film d'azione?); laurearsi tardi (intendi alle 3 del mattino); leone di lernia "sono gay" cover; luca pautasso (uì, se muà); maglie herbalife (quelli dell'Herbalife dovrebbero indossare solo camicie di forza); maraja maraja song (citofonare Capossela Vinicio, ore pasti); mi arrapo a mettere i tacchi (calzolaia ninfomane compulsiva offresi come dama di compagnia per pomeriggi diversi dal solito. No perditempo. No malintenzionati); modernità di dante (questo mi ha preso per l'Accademia dei Lincei); monty python barabba ; oggi le comiche (domani le tristi); omicidio mimi o cafon (cronaca vera); palline labbra gravidanza (ma che schifo!); paracadutismo sfondi; pautasso; pene d'ebano; perioftalmo; pettinatura riga in mezzo uomini (non va più di moda); picio (specchio riflesso); piedoni da trav (no comment); pinotismo; preparare molotov; preparare una bomba molotov (Pautasio, l'oracolo degli anarco-insurrezionalisti); regolamento regia marina due sicilie; reparare molotov; sachsenring paddock ticket bilder (bitte?); salviamo il congiuntivo; scoreggia infiammata (questo era di sicuro un boy scout); spes significato in piemontese (non esiste); spiegazione ricetta medica mutua (ahahahahaha); strafiga nuda (dovedovedove?!?!); torino farmacie di turno; torino farmacie di turno oggi; trama penocchio; trav zeppe; ululato uuuuu (didascalico, ma efficace); una canzone per ogni momento; uomini normali (e li cerchi qui?); uuuuu; vlad di valacchia; vlad l impalatore detto dracula; whintam spaces; wlady (picio, e picio chi non lo scrive); you tube oggi le comiche; youtube seduto sul water (occupaatooo)

La Posta del Cuore


Cara Posta del Cuore,

la soave fanciulla dei miei più rosei sogni; l'eterea ninfa alla quale penso dal momento in cui mi sveglio sino al momento in cui vado a nanna; la leggiadra pulzella cui dedico ogni piccolo successo della mia giornata e allla cui immagine ricorro per trarre consolazione da ogni più grande fallimento; la ragazza dei miei desideri più romanticamente audaci che vorrei stringere al petto sotto la volta stellata di un notturno cielo estivo; la bianca dama per la quale ho percorso suppergiù 700chilometri e impiegato lipperlì nove ore di viaggio, tra andata e ritorno, solo per portarle dei fiori il suo primo giorno di lavoro; la pulcherrima puella alla quale in una romanticissima telefonata (e grazie al cazzo, in quel momento io ero a Roma e lei a Moltolontano) ho esternato tutti i miei sentimenti più profondi con le espressioni più romantiche che mi permettesse la balbuzie da Woody Allen che sfoggiavo con malcelato imbarazzo in quel momento; la bella giovanetta alla quale, infine, cavallerescamente uso la cortesia di non citare il benché minimo dettaglio utile alla sua identificazione persino da parte dei lettori più bastardi e insinuanti di questo blog... Beh, per farla breve, LEI, alla fine mi ha detto che, sì, ok, come amico sono un vero e impagabile portento, tenero, gentile, comprensivo e patapuffoloso, ma come sua dolce metà mi ci vedrebbe al pari di Martufello col premio Nobel, Selen illibata o Marilyn Manson al Soglio Pontificio.

(pausa sospiro)

Ma, dal momento che sono perdutamente innamorato, profondamente infatuato, sublimemente avvinto - ma, soprattutto, per lo meno secondo la gran parte dei miei confidenti, devastantemente masochista -, nonostante il clamoroso due di picche rifilatomi dalle di lei manine, che avrebbe abbattuto anche le più solide certezze di un accanito giocatore di Texas Hold 'em, continuo a non poterla esiliare dal mio cuore e dalla mia mente. Neppure le sagge e comprensive parole della mia più cara amica, mia personalissima Diva omerica in questa Iliade senza cavallo ligneo né espugnazione finale (e ora non fate battute oscene, stronzi!), sono riuscite ad avere la meglio sul sentimento che pervade anche gli anfratti solitamente più lucidi - perché miracolosamente mai raggiunti dalle ondate di alcol - del mio intelletto.

(pausa sospiro)

Non temo neppure il rivale che in questo momento le ronza attorno con fare, a mio sincero avviso, estremamente tafanesco, dal momento che i testi scientifici finora pubblicati e recanti nelle loro pagine l'intero umano scibile non hanno mai citato esempi di "caballeros" che, per quanto tafaneschi e ronzanti, fossero altresì immuni dal classico rimedio da utilizzarsi, tra gentiluomini, in questi frangenti: il rendez-vous dietro il convento delle Carmelitane, rigorosamente all'alba, accompagnati da due fidi padrini e da un paio di altrettanto fide lame Wilkinson forgiate a guisa di fioretto, curando preventivamente anco di adoprarsi affinché le guardie del Cardinale non possano sopraggiungere inopinate proprio nel bel mezzo dell'imminente scambio di vedute.

(pausa ringhio famelico, seguito da altro sospiro)

Per questo, sinora, ho continuato, con delicata discrezione e garbata costanza, a mandare messaggini, a farmi sentire, a scagliare dardi cardioformi di varia foggia (No, non sono un maniaco persecutore, né l'ho chiamata chiedendole che cosa indossasse in quel momento. E' solo che, essendoci state le feste di mezzo, avevo la validissima scusa per inviarle almeno un sms di auguri).

(pausa sospiro)

Ma da settimane, ormai, non mi giunge in risposta la di lei benché minila favella. Anzi, peggio: ora mi evita come un appestato. Anzi, molto peggio: mi evita al pari di quanto faccia Gaucci con la Guardia di Finanza. E' arrivata persino a rendersi invisibile in maniera addirittura rocambolesca su Msn quando, una volta, mi è capitato di fare la mia epifania nel mentre che lei era collegata (Lo so, "nel mentre che" è un anacoluto orripilante, ma perdonatemi: sono un uomo affranto). A tal segno, non oso nemmeno chiamarla, chiederle un incontro, come invece credo dovrei, affinché si possano sciogliere occhi negli occhi i nodi che ancora restano da quella indigesta telefonata di cui sopra...


(pausa sospiro)

Mi cruccio, dunque, senza posa e senza requie, nell'amletico dubbio che è proprio dell'amante respinto ma tuttavia ancora follemente - e ingiustificatamente - speranzoso.

(pausa sospiro conclusivo così intenso e prolungato da far sospettare per lo meno un embolo)


Orbene, cara la mia Posta del Cuore, cosa posso fare?

sabato 5 gennaio 2008

Nostalgia canaglia

I figli degli stronzi, e i loro genitori


Dio ci salvi dalla mamma del 2000.

Quella che se il figlio prende insufficiente al compito di matematica è colpa della maestra che non sa spiegare, e non del pargolo asino e laiano che, poverino, ha già troppi impegni in palestra, a scuola di canto e di chitarra, sui campi da calcio e davanti alla Playstation per studiare sul serio la lezione per il giorno dopo.

Quella che il bimbo non si sgrida, perché è solo un bimbo, e allora si lascia correre con un sorriso e un buffetto affettuoso sulla guancia anche quando il pupo si esprime con termini ed epiteti degni più d'uno scaricatore di porto che di un alunno delle elementari.

Quella che prima viene la permanente, poi lo spinning, poi l'hammam, poi lo shopping, poi il corso di tanto, poi l'acquagym e infine, ma solo se resta tempo, l'educazione della prole e l'impartizione di cultura, valori e princìpi.

Quella che "con quello che pago è già tanto che non pretenda il bacio della pantofola".

E il babbo del 2000 non è poi tanto meglio, preso com'è tra il videofonino di ultima generazione, il Suv, il portatile, il corso di tennis, l'apericena al Millionaire e l'attenta lettura di Men's Healt (pardon, ho scritto lettura ma intendevo l'accurato esame delle figure) seduto sulla tazza del cesso.

Dio ci salvi dai genitori del 2000.
Gente che non ha mai letto un libro in vita sua. Al massimo, ha consultato una guida telefonica, ma solo per trovare il numero di un'estetista col solarium.

Zotici, ignoranti, gretti bovari d'accatto, parvenu dell'ultim'ora.

Cresciuti con la convinzione che il portafogli possa sopperire sempre e comunque alle lacune dell'intelletto. E talmente tronfi di questa sicumera, da affidarsi a corpo sciolto al libretto degli assegni anche quando il conto corrente sbroda perennemente in rosso. Ma non importa: tanto ci sono le finanziarie e i prestiti facili, con cui oggi si comprano anche le scarpe, i vestiti e le vacanze. Perché in fondo basta una firma per la cessione di un altro quinto della becera diaria per tornare a pieno titolo tra quelli che il salace ma verace Caparezza chiama "i figuranti", la legione dell'apparire senza essere.

Infarciti della convinzione che esistano solo diritti, e nessun dovere, tranne quello di prevaricare il prossimo per arrivare primi. Truffando e ingannando non appena possibile, dal momento che, utilizzando esclusivamente le proprie forze, costoro non riuscirebbero nemmeno a centrare il modestissimo obiettivo di piazzarsi a metà classifica.

Alfieri della mediocrità eretta a sistema, dove il merito non conta, ma conta solo chi grida più forte, chi sbatte con più violenza i pugni sul tavolo o, meglio ancora, chi tenta di aggirare l'ostacolo anziché provare a superarlo di slancio. Magari, pure staccando un assegno a tre zeri.

Non si fanno più figli? Tanto meglio. E' preferibile l'estinzione, la sparizione dal sistema-Natura, dalla catena alimentare, dalla faccia del Pianeta, alla proliferazione di una genìa di così becero livello. Perché sarebbe da questi esempi di debordante nullità morale ed intellettuale che pretendiamo vengano cresciute le nostre nuove generazioni?

Che se ne stiano rinchiusi in una sceneggiatura dei fratelli Vanzina, ma che restino alla larga dal nostro quotidiano.
Eh no, ora basta. Anche un fervente liberale Desmouleniano come il sottoscritto, uno secondo il quale nel mondo c'è posto per tutti, purché ciascuno rispetti le libertà e i diritti del prossimo suo, una volta che vede passato così oltraggiosamente il segno, dà i suoi cinque minuti. Ma li dà belli secchi.

E si mette a pensare, con le meningi che galoppano e sfrigolano per il gran lavoro.

A pensare che ci vorrebbe il ripristino della Casta. Ma non di una delle tante basate su becere dicotomie manichee quali “politici contro uomo della strada”, come sostiene Beppe Grillo, oppure di “nobili contro borghesi”, come faceva Robespierre, o ancora di “capitalisti contro proletari”, come dopo di lui Marx. Sto parlando di un classismo buono e giusto, che non ha le sue basi nel censo, nei natali, nei blasoni o negli uffici ricoperti, bensì nell’intelletto e nella cultura maturati sui campi del vero. Con i savi che stanno di sopra, e la sentina cerebrale (e decerebrata) che sguazza di sotto.

A pensare che occorra il serissimo freno di un test di cultura generale prima di concedere diritto d'espressione e di voto. Perché ci son stati fior fior di patrioti, pensatori, intellettuali, o semplici uomini liberi che, tra Risorgimento e Resistenza, hanno versato il loro sangue di ventenni per i valori della la libertà e della la democrazia. Per quale assurdo motivo, dunque, bisognerebbe sprecare una tale ricchezza gettandola come carrube sotto il grugno dei verri?
"Nolite dare sanctum canibus, neque mittatis margaritas vestras ante porcos, ne forte conculcent eas pedibus suis, et conversi dirumpant vos". E se lo diceva anche quel gran figo del J.C., significa che c'è solo da dargli ragione.

Non è democratico? Non è politically correct? Non è Liberal? Ecchissenefrega. E' cosa buona e giusta.

venerdì 4 gennaio 2008

Accattonaggio artistico verso Atene 2008: l'allenamento continua


E' lui. E' tornato. Ha colpito ancora. Con nuovi entusiasmanti dettagli e acrobatici sviluppi. Questa volta, la vittima designata dell'accattone poeta tossico e anche un po' romanziere, già protagonista di un mio precedente post, è stata il mio carissimo amico Beppe. E' lui che me l'ha raccontata, ed ora ve la riferirò, un po' romanzata e abbellita di fronzoli letterari. Come mio solito, del resto. Ma prima di proseguire, urge un repentino flashback, specie per chi non avesse mai letto o non ricordasse il primo capitolo della storia. Che potete però tranquillamente ritrovare qui. Mi raccomando, leggete, è importante. Altrimenti rischiereste seriamente di non cogliere nessun nesso.

Avete fatto? Molto bene, ora possiamo cominciare.

Qualche giorno fa, Beppe se ne stava andando bel bello a far prendere aria alla sua folta chioma da fricchettone nei dintorni della stazione di Porta Susa. Quand'ecco che, ta-daaa!, chi ti ricompare da dietro un angolo? Sì, esatto, proprio lui. Lui coi il suo abbigliamento gggiovane, ma un po' più invernale dell'altra volta. Lui coi i suoi riccioli biondi, ma un po' più innevati dell'altra volta. Lui con la sua tossicomania galoppante, proprio tale e quale l'altra volta. Lui con la sua geniale capacità di improvvisarti lipperlì una trama degna del migliore Ludlum, condita col migliore King, farcita del migliore Connelly e guarnita col migliore Grisham.

"Sono stato rapinato, aiutami!" esordisce, mentre in sottofondo parte con tempismo scenico perfetto uno stridìo di violoncelli stile colonna sonora di Psycho. "Mi hanno puntato un taglierino alla gola, e mi hanno portato via tutto". Sono stati i marocchini. O i cappuccini senza schiuma, non ricordo bene. O forse dei punch al rum. Un prodotto da bar, comunque. Il dramma è palpabile, la suspance è a mille, ed ecco che Beppe, rimembrando il racconto della mia precedente esperienza, sistema meglio le terga sulla poltroncina del cinema ed estrae una confezione di popcorn.

"Vai avanti, sono tutt'orecchie" lo incalza il mio amico sgranocchiante, tra un soffice fiocco di mais tostato e l'altro. Quell'altro, da attore consumato, non se lo fa ripetere due volte. Cela per qualche secondo il volto dietro la mano per preparare l'espressione più adatta alla scena, come Stanislavskij insegnava, e prosegue: "Dentro il marsupio che mi han strappato via avevo un sacco di cose importanti: il portafoglio, il cellulare, i soldi, i documenti, la patente, le figurine delle Winx, la tessera del Partito Umanista, la carta American Express, l'abbonamento alla curva del Toro e il calendarietto profumato con le donne nude che mi ha regalato il mio parrucchiere". Fermatevi ora a riflettere un attimo su tutto questo. Cioè, dico, c'è gente che si è tolta la vita solo per aver smarrito un disco di Little Tony, scivolato magari sotto il divano durante una serata danzante in cui il dj era particolarmente alticcio. Quindi, come non ammirare il coraggio e la forza d'animo di un giovine che, nonostante una così drammatica esperienza, trova ancora il coraggio e la forza di lottare?

"Non so più come tornare a casa. Abito ad Ivrea, sai". Poverino, lotta per riabbracciare i suoi cari, che lo attendono senza notizie nella magione avita. Ci piace immaginarli avvinghiati l'uno all'altro davanti al camino, trepidanti, con gli occhi fissi sui balenii danzanti delle fiamme, in cerca di una risposta. Ma torniamo alla cronaca dei fatti.

"Ho bisogno di dieci euro, così potrò fare benzina alla macchina e tornare a casa. Ti prego, aiutami: sono ore che viaggio di negozio in negozio, offrendo anche in pegno il libretto dell'auto come garanziache restituirò quanto prestatomi. Ma niente". Il mondo odierno sa essere particolarmente egoista e crudele.


"Se me li presti - prosegue - ti farò un bonifico appena giunto a casa. O ti farò una ricarica al telefono, se preferisci". Una storia già udita in passato, nevvero? Ma ascoltate un po' gli sviluppi: "E poi, se verrai a trovarmi in quel di Ivrea, sarai mio ospite nella mia gelateria". Ecco, ora la gelateria è la sua, non più del fratello. Si vede che, a forza di scroccare dieci euri di qui e dieci di là, alla fine è riuscito a rilevarla.


Qui finisce la storia. Con un epilogo più tragico dell'altra volta, però, giacché quel taccagnone del mio amico Beppe, un gretto bifolco insensibile all'estro e all'inventiva poetica, non gli ha rifilato nemmeno i cinque euri di mancia che gli sarebbero spettati per una così struggente interpretazione. No, se n'è andato senza nemmeno salutare.

Però, per lo meno, abbiamo capito dove solitamente vanno a finire quei soldi, frutto delle teatrali questue. No, non nell'acquisto di un'altra gelateria ad Ivrea, ingenuotti che non siete altro. Ma di sicuro nella cocaina. Già, perché la fidanzata del mio caro amico Beppe, ovvero la mia cara amica Francesca, sostiene che se fosse stato solamente un eroinomane avrebbe accettato anche le monetine. Pure quelle di cioccolata. E invece no. Perché la qualità si paga, anche nello stupefacente mondo degli stupefacenti

mercoledì 2 gennaio 2008

Italiani. Ecco perché siamo un popolo meraviglioso


Italiani: popolo di santi, poeti, navigatori, commissari tecnici della Nazionale, teologi e politicanti. Il caustico Caparezza aggiungerebbe anche l'aggettivo "mafiosi". Ma lui che è anarchico menestrello dalla chioma ribelle lo lo può dire, mentre il sottoscritto, dal basso della sua borghesissima acconciatura alla militare, può solo limitarsi all'elenco di cui poco sopra.

Di santi ne abbiamo più dei giorni sul calendario. E ne aggiungiamo uno appena ci capita a tiro la possibilità. Alcuni sono davvero molto cool, tipo San Francesco, San Giovanni Bosco, San Giovese, San Bitter, San Daniele. Altri un po' meno, tipo San Pio da Pietralcina, che è tanto buono e caro, ma secondo me avrebbe dovuto fare un po' più di anticamera, aspettando dietro gente del calibro di Batman, Maradona, Elvis e Carletto dei Gem Boy.

I poeti, di cui un tempo eravamo davvero fucina inesauribile, ora invece scarseggiano come la benzina quando c'è lo sciopero dei Tir. Quasi quasi li togliamo dall'elenco, va'. Perché oggi ci ritroviamo solo più con gli ex sessantottini arricchiti che non si schiodano dai marron glacées; con quelli che fanno la spesa all'Unieuro, lo dicono a Gianni e sono un sacco ottimisti; con gli studenti frustrati del Dams che credono che la metrica sia uno strumento per sarte e geometri e confondono l'endecasillabo con l'aspirina effervescente, e con i pubblicitari che sbagliano i congiuntivi, però in rima, e quindi volete mettere.

Di navigatori ne abbiamo a bizzeffe, ma per lo più sono i Tom Tom comprati a suon di migliaia di euri da Mediaworld per poi essere montati con una serie di giri di nastro adesivo su una Ritmo Cabrio dell'87, ed essere infine utilizzati quasi esclusivamente per tracciare la rotta tra il bar dello sport e la casa della zia Giuditta, o al massimo per individuare lo Stadio Olimpico.

I commissari tecnici della Nazionale sono un po' dappertutto, ma pullulano particolarmente quando l'11 azzurro perde o pareggia 1-1 contro l'agguerritissima rappresentativa delle isole Tonga. Se poi si viene eliminati dal Mondiale ai rigori dalle riserve della Città del Vaticano, di cui il portiere affetto da tetraparesi spastica, ecco che si assiste al curioso fenomeno che viene comunemente denominato dagli esperti di macroeconomia con la terminologia di "Inflazione di allenatori in tuta azzurra, quasi tutti bestemmianti in stile carbonaro testaccino". Quando invece l'Italia vince la Coppa, Lippi va bene a tutti, e poporopopopopò a 'sti stronzi dei cugini mangiarane.

I teologi, poi, sono un exploit degli ultimi, anzi, degli ultimissimi anni: sono quel genere particolarissimo di teologi che non va mai a messa, se non per sfoggiare le Timberland nuove alla funzione natalizia o per la comunione del nipotino Luigino; che recitano il Padre Nostro in playback come facevano i calciatori con l'Inno Nazionale nell'era pre-Ciampi; e che il catechismo l'hanno studiato con le dispense in audiocassetta della Mondadori (perdendosi però la terza uscita). Ma quando la Chiesa si azzarda a negare i funerali ad un suicida, o si cimenta nell'illustrare il perché delle sue posizioni antiabortiste, ecco che eruttano perle di dottrina ecclesiastica manco fossero un San Tommaso D'Aquino redivivo e in forma particolarmente smagliante.

L'essere politicanti, last but not least, ce l'abbiamo marchiato a fuoco nel Dna. E' inutile arrabbiarvicisimiticisivi. E' così e basta. Punto. Ed è così da sempre, benché qualcuno sostenga sia un fenomeno targato Secondo Dopoguerra. Nossignore. La nostra pletora di maneggioni l'abbiamo sempre avuta, sin da quando il nostro Bel Paese non era altro che una mera "concezione geografica", per utilizzare una terminologia cara a quello stragista impunito del maresciallo Radetzky. E ancora prima, quando le alleanze e gli accordi si facevano e disfacevano da un giorno all'altro a suon di beveroni all'arsenico serviti come aperitivo ai nemici, e mignottoni a sorpresa nell'alcova offerti come dessert agli amici. Cui un quarto d'ora dopo, però, si versava immancabilmente il beverone di poc'anzi. Magari nel caffé.

Siamo noi stessi parte integrante di quella pletora blaterante. Perché ci piace politicizzare tutto: rossi di qui, e neri di là. E i bianchi in mezzo, se resta un po' di spazio anche per i paraculi. Era una cosa che aveva intuito bene la buonanima del Gaber, in una simpatica canzonetta che al di là della rima allegrotta e del ritmo filastrocchesco aveva un testo di tutto rispetto, portatore di somme verità. Non saremmo in grado di goderci in santa pace nemmeno il pane con la gorgonzola spalmata sopra, se prima non avessimo determinato se sia di destra o di sinistra. La gorgonzola, intendo. Ma anche un po' il pane. E, a pensarci bene, pure il modo in cui l'una viene distribuita sull'altro. E che dire della minzione mattutina in piedi con l'asse sollevato? E' un'icona della lotta di classe o un emblema della reazione borghese? Beh, credo dipenda dal numero di scrolloni. Più di tre indicano sfarzo, tempo sottratto al lavoro e spregio per chi dovrà pulire il water. Quindi, se ne fate più di tre, siete innegabilmente di destra. Oppure avete semplicemente una inconscia propensione all'autoerotismo mattiniero. Boh.

Accusiamo i politicanti di ogni nefandezza possibile, in molti casi ne sono effettivamente colpevoli, però poi li eleggiamo regolarmente, quale che sia il loro colore (ah, che goduria il qualunquismo! Quasi un orgasmo... ora capisco perché Beppe Grillo si diverte tanto!). Ci tassano, ci multano, ci fanno fare figuracce, ci insultano, qualche volta ci "arrubbano", però non potremmo mai riuscire a farne senza. Un po' come degli spaghetti e del caffè.

Abbiamo i nostri bei difetti, non neghiamolo. Siamo un po' raffazzonati, a volte pigri, ci vogliamo assai poco bene, siamo pessimisti e disfattisti di natura, siamo poco imprenditori tipo self made men e molto posto fisso alle poste stile chi s'è visto s'è visto, e dobbiamo ancora fare i conti con fenomeni deprecabili come il nepotismo, la corruzione, la Mafia, e Laura Pausini.
Ciononostante, siamo un popolo meraviglioso. Perché, come ha detto un giorno un guzzista, citando a sua volta una celeberrima freddura di Orson Welles, al fine di ammutolire il solito elvetico di turno intento a dileggiare con ignoranza la sua italianità: "Caro signore, credo che lei abbia passato il segno. Ora basta. Il mio paese ha molti problemi e spero che il buon Dio ci aiuti, ma non lo cambierei mai e poi mai con la sua ordinatissima Svizzera dove morirei di noia e depressione. Per secoli sotto signorie di ogni genere abbiamo avuto guerre e disastri, è vero, ma ne sono usciti Michelangelo, Leonardo e il Rinascimento. Poi Galileo Galilei. Il Risorgimento. In Svizzera in cinquecento anni di ordine e quieto vivere cosa è venuto fuori? L'orologio a cucù! E qualche maleducato come lei".