giovedì 27 dicembre 2007

La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca


Quante volte ci siamo trovati a dover lodare, decantare, adulare, manifestare ammirazione o gratitudine per cose nei confronti delle quali, in realtà, non nutrivamo il benché minimo interesse o, peggio, per cose che molto più semplicemente ci suscitavano ribrezzo?
Quante volte, ogni giorno, dobbiamo ripetere la stessa deprimente pantomima?
Lo abbiamo fatto, o meglio, continuiamo a farlo costantemente, indefessi: un po' per condiscendenza, un po' per utilitarismo, un po' per stringente necessità, o per quieto vivere, o ancora perché temiamo di ferire i sentimenti di qualcuno che ci è molto caro. Ma, qualunque sia il ridondante vestimento con cui vogliamo addobbare il nostro miserrimo modo di fare, soltanto per farcelo apparire un po' meno meschino di quanto non sia in realtà, resta il fatto che fingiamo. Fingiamo, spudoratamente e impunemente. E, il più delle volte, il risultato è che la farsa di cui ci facciamo grotteschi capocomici non porta nemmeno al risultato sperato.
Ma fingiamo lo stesso, perché dire la verità, palesare il nostro reale giudizio e la nostra vera opinione, quasi mai è "utile", quasi mai è "conveniente", quasi mai è "opportuno". Di sicuro, non è mai l'escamotage più comodo per cavarci d'impiccio. Così fingiamo, senza porci troppe domande. Fingiamo così bene, e così spesso, che alla fine arriviamo a convincere addirittura noi stessi della genuina e virginale bontà della nostra finzione.
Come quando ci diciamo che il cinema italiano è vittima di un mercato nelle mani delle grandi case di distribuzione, quando in realtà da noi è sempre funzionato in maniera diversa: cioè che se un film è bello, la gente lo va a vedere, a prescindere dalla pubblicità, e se quindi nessuno va a vedere Muccino e la Comencini è semplicemente perché fanno cacare riproduzioni in scala 1:1 del Taj Mahal (Ecco, qui, ad onor di Verità, va fatta un'eccezione per quanto riguarda i film di Boldi e De Sica, che nonostante il successo stratosferico fanno petare come vaporiere impazzite sul Mississippi: essi, ed il loro pubblico in particolare, sono il simbolo vivente del decadimento inarrestabile del genere umano, e la prova lampante che, come sostengono Giorgio Celli e gli ambientalisti finlandesi, è ormai giunto il momento che l'homo sapiens si estingua, per il bene del Pianeta).
Come quando sotto l'albero troviamo il dodicesimo pigiama di flanella a quadrettoni e, ciononostante, abbiamo ancora il coraggio di sorridere a 32 denti per poi esternare con plastico gaudio: "Accipicchia, che sorpresa! Era proprio quello che desideravo...".
O come quando alla Gam fingiamo di apprezzare il messaggio di un imbrattatele ugro-finnico che molto di più avrebbe dato al mondo se si fosse dedicato al suicidio, anziché alla pittura. Tagliandosi per esempio le vene, anziché una tela.
Come quando: "Signora, delle tagliatelle così non le ho mai mangiate", scordandoci poi di sottolineare anche l'augurio personalissimo di non essere mai più costretto a mangiarle, tanto sarebbe più bello, ma soprattutto più umano, finire i propri giorni in un campo di prigionia segreto per dissidenti del Partito Comunista Vietnamita.
O ancora come quando: "Direttore, che magnifica cravatta!", anche se il motivo dell'assurdo orpello pendente in finto acrilico con il quale il nostro capo ha maldestramente tentato di strangolarsi nel colletto della camicia a righe ricorda un drammatico incidente in tangenziale tra uno scuolabus, una betoniera, due bisarca e un'autocisterna di gasolio.
Eccole qui, le nostre piccole grandi corazzate Potemkin del quotidiano. Quelle che osanniamo con parole di lode che nemmeno il Morandini, e che invece vorremmo affondare a suon di bordate di piombo che nemmeno la Perla di Labuan.
Allora diciamolo, una buona volta, che la corazzata Potemkin è una cagata pazzesca. Diciamolo spesso. Ne guadagneremo in salute, in serenità, in pace interiore, e potremmo accostarci alla nostra prossima reinacranzione con il kharma fresco di bucato, senza il timore di rinascere scarrafone, cimice, esattore del fisco o Gigi D'Alessio.
Ma soprattutto potremo goderci in piedi, in santa pace i nostri meritatissimi 92 minuti di applausi.
Ps Grazie di cuore ad Ale, per avermi involontariamente suggerito il prezioso spunto dagli alambicchi del suo Laboratorio.

martedì 25 dicembre 2007

Energia pulita


Si fa sempre un gran parlare di energia pulita, di fonti rinnovabili, di come queste potrebbero salvare il pianeta dalla catastrofe del surriscaldamento globale, di come le fonti attualmente utilizzate siano inquinanti, dannose, e per di più destinate ad un rapido esaurimento. I blog non sono certo da meno: anzi, la blogosfera pullula di sedicenti ambientalisti, più o meno seri, che lottano nelle maniere più disparate, e il più delle volte assolutamente cretine, per un mondo più pulito. Uno di quelli che lavora meglio, in questo frangente, producendo le riflessioni più serie e sensate, è certamente LUI. Peccato la sua pregevolissima produzione sia solo una goccia di illuminata sapienza in un mare di gretta inettitudine.

Ma ne avete mai visto uno proporre una soluzione davvero valida, decisiva, risolutiva e universalmente applicabile? No, mai. C'è sempre qualcosa che non funziona: o è un'idea troppo dispendiosa, o è inattuabile, o semplicemente è stupida. Punto.

Noi qui invece siamo pragmatici e costruttori di certezza, fino in fondo. E in un'occasione così lieta e gioiosa come il Natale, dove tutti diventano più buoni, specie col sugo, e si riempiono le tasche di propositi altrettanto buoni, avanzo dunque la mia soluzione definitiva.

RIPRISTINIAMO LA SCHIAVITU'

Merita una piccola premessa a parte la sottolineatura del fatto che non c'è assolutamente alcunché di razzista, integralista o xenofobo nella mia proposta. La schiavitù sarà infatti questione di merito, o per meglio dire conseguenza di un demerito, e non sarà condizionata in alcun modo dall'appartenenza o meno ad una razza, religione, provenienza geografica né orientamento politico o sessuale. Ad esclusione, ma pare superfluo sottolinearlo, di protagonisti e telespettatori dei programmi di Maria De Filippi e Paolo Bonolis. per questi non cì sarà pietà alcuna, dal momento che già il solo fatto di esistere è per loro condizione sufficiente e necessaria per trascorrere il resto dei propri anni in catene, a servizio di chi vuole costruireun mondo migliore.

Si diventerà infatti schiavi per debiti, perché caduti prigionieri di guerra oppure, ma questa volta soltanto per un periodo predeterminato, in sostituzione della permanenza in carcere a seguito della comminazione di una pena detentiva della durata inferiore ai 20 anni.
Nel primo caso, vista l'insana tendenza dell'italiano moderno a spendere più di quanto guadagna per ricoprire la propria vuota e scialba esistenza di un'aura di falsa ricchezza, non sarà poi molto difficile rimediare la materia prima. Inoltre, si farà meritoria opera di moralizzazione: solo i virtuosi, i probi e i parchi resteranno liberi, mentre i prodighi e gli inetti scialacquatori pagheranno il loro fio mettendo in opera le proprie braccia a servizio di un mondo più pulito.

Come diceva poi quel gran filosofo di Trotzkij, la guerra è la locomotiva della storia. E' nella pugna, infatti, che maggiormente si sviluppano le arti, le scienze e le tecnologie. E, in questo caso, sarebbe dalla lotta che si rimedierebbe energia pulita in gran copia. Voi direte: e qui dove sta il principio del demerito? Beh, cari i miei pensatori politicamente corretti del Nuovo Millennio, se vi domandate ciò è proprio giunta l'ora di farvi un ripassino sul senso di Giustizia Universale: la sconfitta è di per se' un demerito. Il vinto soggiaccia al vincitore. E al soccombente che non voglia soggiacere, sia concesso l'escamotage di una morte onorevole tramite mojito alla cicuta, taglio dei capelli con sfumatura altissima, avvelenamento da piombo per eccessiva esposizione ad un plotone di esecuzione, cravatta in canapa con nodo molto stretto, aut similia.
Infine, per quanto riguarda la schiavitù in luogo del carcere, altro non è se non la reinterpretazione in chiave più rigida della condanna ai lavori forzati, di sicuro la più edificante e formativa di tutte, da ché l'uomo ha inventato in forza di leggi le pene per punire chi contravviene alle regole del vivere comunitario.

Ma quali sono i vantaggi, economici ma soprattutto ecologici, dello schiavo?

Lo schiavo consuma meno del motore a scoppio: un tozzo di pane e una brocca d'acqua possono fornirgli autonomia sufficiente ad un'intera giornata di lavoro.
Il valore dello schiavo rispetta i parametri delle leggi di mercato. Sale in presenza di elevate doti fisiche o intellettuali, viceversa cala in loro assenza. Stesso discorso sulla variazione dei prezzi legata ad una massiccia o esigua presenza del prodotto sul mercato. Cosa più importante, vista la facilità di reperimento della materia prima, male si presta ad inopportune manovre lucrative di cartelli o trust finalizzati al controllo dei prezzi, come avviene oggi per ilpetrolio e per le altre principali fonti di energia.

Lo schiavo è ecologico. Non emette gas né polveri dannose per l'atmosfera. Al massimo provoca fastidiose emissioni, cui però si può rimediare velocemente, e senza nocumento alcuno, aprendo semplicemente la finestra. Lo schiavo, poi, si ripara facilmente quando si rompe, previa convalescenza più o meno prolungata, e in caso di guasto definitivo (leggasi "morte") ritorna in toto alla Madre Terra e da essa può essere proficuamente riutilizzato.

Le emissioni dello schiavo possono essere riutilizzate con grande giovamento dall'ambiente, senza recare danno alle colture, all'avifauna e all'ecosistema in genere, ma anzi riuscendo in taluni casi addirittura utili alle attività agricole.

Lo schiavo, se trattato umanamente, come del resto sarebbe sempre auspicabile, può divenire anche un buon amico, un confidente discreto, e pure un ottimo conversatore. Provate voi, altrimenti, a disquisire amabilmente di metafisica con un frullatore elettrico. Vi riuscirà ben difficile, a meno che non siate schizofrenici.

Last but not least, per quanto ci abbiano provato e riprovato, gli scienziati non sono mai riusciti a sollevare un obelisco tramite l'ausilio di macchine con la stessa soddisfacente perfezione con cui i faraoni facevano elevare i loro a suon di nerbate. E questi, ne converrete, sono piccoli grandi sfizi cui difficilmente un gentiluomo può rinunciare.

Ancora tante e meravigliose sono le qualità che uno schiavo può vantare in più rispetto ad una macchina, la quale invece é di per se' nemica dell'uomo, complicata, inquinante, e figlia del demonio. ne ho qui elencate soltanto alcune, nella speranza che esse siano bastevoli a convincervi intorno alla bontà della mia tesi. In caso contrario, che questo sia l'inizio di un fruttifero scambio di opinioni.

Certo di avevri tutti dalla mia parte, prima o poi, auguro un felice Natale a tutti

sabato 22 dicembre 2007

L'importanza di darsi una mano...

Graffiti


Letti e ammirati sui muri del gabinetto di un bar della centralissima et elegantissima via del Corso, a Roma.


Comunista: "Dio non c'è"

Fascista: "Dio è con noi"

Ciellino: "Dio è con tutti, basta saperlo cercare"
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Ninfomane da Autogrill: "Calda e vogliosa, offre serate trasgressive e piccanti, solo veri uomini. 347-6789xxx. 30 anni".

E poco più sotto, un'altra mano: "de galera"

domenica 9 dicembre 2007

A tutti i vitelli dai piedi di balsa...


Teddy Bear Gram Generator at bigoo.ws

Ubi sum? Quo vado?


Sono stato molto assente in queste ultime settimane, lo so. Me ne dolgo. Mi piace questo posto. L'ho fatto io, perché non dovrebbe? Ma sono successe delle cose. Cose importanti, cose di cui però a volte solo io credo di saper cogliere fino in fondo l'importanza. E non si tratta del fatto che chi mi circonda sia miope o un insensibile. Anzi, tutt'altro. Sono molto esigente sulle persone cui attribuisco la mia fiducia, e posso dunque dire con una certa nota di indicibile compiacimento che chi si merita la mia stima appartiene ad una sorta di netta e ben definita "upper class". E non sto certo parlando di casta o ceto sociale. Sono da solo a capire perché non sono il tipo che solitamente si lascia andare a confidenze o confessioni sui propri turbamenti dell'animo, sui propri progetti, sui propri dubbi o sui propri perché. Tranne rarissime eccezioni, ovvio (ed esclusivamente in presenza di dosi massicce di alcool assunte in compagnia di gente fidata, intelligente, riservata, saggia e anche amata). Per cui, se vi è mai capitato di sentirmi DAVVERO parlare a ruota libera di me, potere capire da che parte del cerchio state. Se dentro o fuori. Diciamo però che la fase adolscenziale del sedicenne paturniato e convinto che il mondo complotti contro di lui non l'ho attraversata nemmeno quando avevo sedici anni. Fate un po' voi.
Comunque, sto di nuovo divagando. Stavo parlando delle cose importanti, una volta tanto.
Me ne torno su queste pagine improvvisando ciò che scrivo man mano che lo scrivo. E' successo raramente: di solito ho già una traccia ben definita in mente, che poi magari cambio decine e decine di volte in fase di stesura, ma in ogni caso sono sempre perfettamente conscio di dove voglio arrivare e di quale dev'essere la strada da percorrere per giungere a destinazione.
Stavolta invece no. Stavolta parto dall'immagine di cui sopra. Un'immagine in computer grafica, nemmeno tanto eccelsa in fatto di qualità, ma che trovo in ogni caso assolutamente straordinaria. E non so nemmeno bene cosa volgio dire, né se sarò capito. Quello che si vede in questa immagine è quello che vedo io in questo preciso frangente della mia vita. Il castello sullo sfondo, o qualunque cosa sia quell'edificio irto di torri, merli e guglie molto gothic style, è il mio traguardo. E in mezzo c'è tutto quel cazzo di dedalo di viuzze, vicoli ciechi, muri che ti si paran davanti proprio nel momento in cui saresti più convinto di trovarti solo strade spianate dinanzi ad ogni passo. Chi incontrerò strada facendo? Chi perderò per la strada, all'angolo di un bivio? Chi mi consolerà della suaperdita al crocicchio successivo?
Boh.
E' una metafora trita e ritrita, va bene. Ma non sono qui per vincere il premio 2007 per l'originalità. Se devo essere sincero, non so nemmeno perchésono qui, a scrivere queste cose. E basta.

giovedì 6 dicembre 2007

lunedì 26 novembre 2007

Uomini normali


Noi siamo gli uomini normali.
Noi ci svegliamo grattandoci le palle per essere sicuri che siano sempre al loro posto;

Noi abbiamo al massimo quattro paia di scarpe, tre se non facciamo sport, due se non siamo usi indossare abiti eleganti;

Noi diciamo sì per dire sì e no per dire no;

Per noi malva e pesca non sono colori, bensì un fiore e un frutto;

Noi la mattina indossiamo la prima maglietta che ci fa "ciao ciao" dal cassetto. E se la prima a salutarci è quella del pigiama, liquidiamo la faccenda con un'alzata di spalle;

Noi siamo poco propensi a curarci della nostra acconciatura perché sappiamo che prima o poi tutti quanti dovremo sfoggiare la chierica, con una sfumature piùo meno ampia a seconda del livello di culo di ciascuno;
Noi quando ci raduniamo in branco finiamo quasi sempre col cimentarci in gare di rutti che cementano unione e autostima;

Noi vi riteniamo sempre bellissime e desiderabili qualsiasi sia il vestito che indossate o la pettinatura che sfoggiate in quel momento, per il semplice fatto che il vestito è più bello quando lo togliete, e l'acconciatura che maggiormente ci attrae è quella con la riga in mezzo che si trova molto più a sud del capo;

Noi temiamo una cena di due ore con i vostri genitori molto più di otto mesi in un campo di prigionia nordcoreano;

Noi non cerchiamo la donna ideale ma una compagna in grado di capire che per sentirci felici abbiamo solo due necessità da soddisfare, ma grandi e imprescindibili: nutrirci e accoppiarci, e che quindi non faccia storie quando queste si presentano, anche contemporaneamente.

Ah, dimenticavo: noi possiamo fare la pipì in piedi, e siamo talmente periti in tale pratica da sentirci in dovere di autografare la neve ogni volta che troviamo una superficie adatta.

Sì, la nostra è una vita più facile. Perché è una vita da uomini normali

domenica 25 novembre 2007

Africa, dove sei?


Dal Continente Nero non mi si fila nessuno.
Lo dice Cluster Maps, che di queste cose se ne intende.
Il Resto del Pautasio, sin dalla sua nascita, risulta essere vittima innocente di una gravissima forma di immeritato razzismo di ritorno. E, interrogata in proposito, l'Africa ha fatto spallucce, che non è un bel modo di fare. Quindi ho deciso di passare all'azione, lanciando una controcampagna di sensibilizzazione contro i boicottaggi intercontinentali sui link e sui registri di visite.

Combatti anche tu questa assurda forma di discriminazione: connettiti al mio blog col wireless del portatile dalla cima del Kilimangiaro

domenica 18 novembre 2007

sabato 17 novembre 2007

Canzone di strada



Donne (con il Suv)

di A. Fornaciari, L. Pautasso, A. Fornaciari



Donne (con il Suv)
In centro son guai
Donne a un telefono che non spengono mai
Donne (con il Suv)
In mezzo alla via
Donne allo sbando sulla mezzeria

A scuola ci portano i figli
Sul sedile posteriore
Nel baule non bagagli
Ma carne, latte e le verdure
Le vedi parcheggiare insieme
Con la pioggia o con il sole
Stanno in doppia o tripla fila
Anche se il vigile non vuole

Donne (con il Suv)
La freccia giammai
Ed al semaforo si fanno l’hair style
Donne (con il Suv)
Son mine vaganti
E sulle strisce metton sotto i passanti

Negli occhi hanno occhiali scuri
Louis Vuitton, Dolce & Gabbana,
o cammini contro i muri
o per te suona la campana
Va’ a piedi solo se sei scaltro
se al volante una si siede:
per loro un posto vale l’altro
che sia la strada o il marciapiede

Donne (con il Suv)
Ti frenan davanti
E sul cruscotto tu ci lasci i tuoi denti
Donne (con il Suv)
"Ma guarda ‘ndo vai!"
Donne agli stop che non rispettano mai

Te le ritrovi a far la coda
In cento all’area di servizio
Perché quel mezzo beve broda
Più che Dublino a San Patrizio
Con venti euro spiegazzati
O con la carta carburante
Provan sempre a fare il pieno
Senza mettere il contante

Doooonneeeeee
(con il Suuuuuuv)

domenica 11 novembre 2007

Tv, sorrisi e cristoni


Perdindirindiofa, quanto odio le bestemmie!
Non sono un bigotto, eh, intendiamoci: mi drogo regolarmente, picchio i bambini per il semplice gusto di farlo, scippo le vecchie e metto su youtube i video di quando appicco il fuoco alle dita dei piedi del mio vicino di banco handicappato, come fanno tutti. Ah, dimenticavo di sottolineare che organizzo saltuariamente anche stupri di dodicenni nel doposcuola con tanto di riprese col videofonino, giusto per dare a Studio Aperto la possibilità di imbastire giorno dopo giorno un sano Tg verità.
Però non bestemmio.
Perché la bestemmia mi urta nell’animo. Credo non sia una roba da fighi, ma solo da scaricatori di porto. E nemmeno di quelli più beneducati. Perché sì, ok, smadonnare in sanscrito o in braille non sarà più un reato da qualche annetto a questa parte, ma di sicuro è indice di una non certo assidua frequentazione della sala tè della Oxford University. E tanto mi basta.
Ma la cosa che mi colpisce di più non è tanto la bestemmia in se’, quanto il diverso valore che essa assume agli occhi dell’opinione pubblica a seconda della divinità che ne viene fatta oggetto.
Mi spiego meglio.
Prendiamo una mamma di Gesù a caso, lo stesso caro J.C., oppure il suo babbo. No, non quello putativo, intendo quello più anziano con la barba, in tunica bianca, col triangolo in testa che sembra sempre abbia forato e invece è solo simbolo della sua tutt’unaggine, e che c’ha anche un curioso piccione sulla spalla tipo Long John Silver col pappagallo. Quello che mi fulminerà non appena avrà letto il post, insomma. Quel tipo alto, molto alto, anzi, Altissimo. Caspita però come siete duri di comprendonio, eh!
Dicevamo: se si augura ad uno o più di questi personaggi di andare a morire ammazzati tra atroci tormenti, oppure si anticipa o si pospone al loro nickname un qualche epiteto che sia sinonimo di suinità o facili costumi, nessuno si scandalizza più di tanto. Ok, non si viene invitati più al club del bridge, ed è una scocciatura per i pomeriggi piovosi in cui poi non si sa che cosa fare. Ma in fondo i ripieghi sono tanti, e non è un gran danno. Anzi, talvolta si riscuotono dall’uditorio risate così grasse che poi bisogna chiamare l’Herbalife. E queste scroscianti attestazioni di stima non pervengono solamente al bullo della terza media "Giosuè Pascoli" da parte dei cumpa di classe. Purtroppo.
Prendiamo invece Buddha. Qui, a meno che non si citi il di lui profetico membro, ormai talmente inflazionato che nemmeno il Cialis potrebbe più fare qualcosa, non si riscuote reazione alcuna. Zero. Niente di niente. Elettroencefalogramma piatto, tipo tronista o portatore sano di ascia bipenne.
Manitù non lo si chiama nemmeno più per la pioggia: per quello c’è già il colonnello Buttazzoni che in tivvù ci sforna le previsioni del tempo in tempo reale. Ovvero mette la mano fuori dalla finestra dello studio e dice cose del tipo: "Mano bagnata, quindi piove", "Mano calda, quindi sole", "Manu Chao, quindi Festivalbar".
Figuriamoci poi se si prende in mezzo Shiva, Visnù, Parvati o Ganesh. E qui, detto per inciso, siamo di fronte anche ad un esempio lampante di come sia difficilissimo confrontare le religioni politeiste a quelle monoteiste: Indù contro Uno non vale, si sa, ed è un tipo di confronto profondamente scorretto.
Ma non divaghiamo, e facciamo invece un esempio pratico di bestemmia in tal senso.

Bestemmiatore Iconoclasta Sperimentale: "@#*%§ SHIVA!"
Uditore Attonito e un Po’ Confuso: "Eh?".
BIS: "Shiva! Shi-va".
UAPC: "Ah, capito. Voi milanisti ce l’avete con lui solo perché vi ha piantato in asso, e ora che andate male in campionato vi farebbe comodo uno come lui".
BIS: "…" iniziando a scaccolarsi con indifferenza ostentata "Ehm, già".
UAPC: "Però è forte, cazzo. Dai, solo ai mondiali ha giocato un po’ così così"
BIS: "Sì, hai ragione. Ora però vado, ché se tardo per cena poi mamma mi sgrida".


E se invece si prova a mobilitare quelli della Mezzaluna? Oppercarità. Basta una vignetta che raffiguri non dico il Gran Capo in persona, ma anche solo il suo Portavoce (quello che se a Cortina non c’era più posto prenotava le vacanze ad Alassio) per provocare sanguinosissime sommosse in cui si bruciano vessilli statunitensi e fantocci di Ronald Mc Donald, organizzate in paesi mediorientali di cui si conosce a malapena l’esistenza (idem dicasi di conseguenza per l'ubicazione sul temperamatite fatto a forma di mappamondo che c'è sulla scrivania di vostra sorella), e a cui partecipano per lo più persone che difficilmente riuscirebbero a distinguere ad un primo colpo d’occhio la propria moglie da un attaccapanni, visto come le fanno vestire, e che però, chissà come mai, sono sempre informatissimi su quello che pubblicano giornaletti satirici di quarta categoria pubblicati in qualche paese che si affaccia sul Mare del Nord ed è famoso per il burro salato. Senza contare poi la tiritera di minacce di morte più o meno credibili, le guerre sante, i rischi di crociate all’incontrario, le scuse di ministri vari a braghe calate, e le sdegnose opinioni di Afef nel gustosissimo dopocena di "Porta a Porta".
Eh no. Non c’è proprio par condicio nel cristone.

C'è modo e modo per chiedere certe cose...

giovedì 1 novembre 2007

Wing, dalla Cina con orrore


Avete presente le canzoncine Cinesi da mal di pancia? Pensate che più in basso di così non si possa cadere, escludendo Gigi D'Alessio e Al Bano? E vi sbagliate. Perché una simpatica (come un carciofo nel deretano) signora di mezza età, originaria di Hong Kong ma emigrata in Nuova Zelanda (e quando la sentirete cinquettare capirete perché è emigrata...) ha pensato bene di stuprare alcuni dei massimi capolavori della canzone mondiale, da Elvis, agli Ac/Dc, passando nientepopodimenoche per i Beatles e i Queen, intonandoli come fossero le melodie cn cui abitualmente vi vengono servite le nuvole di drago in salsa di soia al ristorante cinese sotto casa.
Qui potete trovare una serie di tracce sufficientemente esaustive.
Un consiglio: ascoltatele tutte. Potrete dire di aver conosciuto davvero l'inferno, e non temerete più nulla.

domenica 28 ottobre 2007

Khaos, i' vorrei che tu e Louis e io...


Un'antica leggenda indiana vorrebbe che le tigri, una volta assaggiata la carne umana, non ne bramino (bràmino, non bramìno... cioè, vabbè che parliamo di India, ma non facciamo confusione) più di altro tipo, e dunque per saziarsi vadano solo più in caccia d'uomini.

Dev'essere più o meno quello che è accaduto al sottoscritto quando due post or sono ha cominciato a dare addosso ai minus habentes. Era partito tutto come uno scherzo, poco più che un esperimento. Un esercizio stilistico, se vogliamo. Ora è diventata una droga. Sembra infatti io non riesca proprio più a farne a meno. Non solo, ma non resisto dal dare addosso ai deficienti nemmeno quando sono in casa d'altri. O, per meglio dire, nei blog degli altri, visto che trattasi sempre di tenzoni internettiane.

E' proprio ciò che è capitato con un tal Khaos, ignoto buontempone che si diletta a scrivere battute trite e ritrite e giochi di parole insulsi su un blog che io amo. Crede evidentemente di essere il simpa della cumpa, in realtà non fa altro che vandalizzare un tempio del web al quale bisognerebbe invece accostarsi con religioso rispetto. Per esempio in ginocchio, dopo essersi levati le scarpe. Avendogli io dunque fatto presente senza frappor troppo indugio che la sua furia iconoclasta non doveva più aver a che fare con quei luoghi pii, egli, credendo di annichilirmi sotto una carica di simpatia e sagacia, mi rispose così:

Pautasio, ti ho deluso! Oh me tapino, vediamo se ti piace l'aretino. "Luca Pautasso della vita non capì mai un casso, e fu perchè Pautasso Luca se la prese sempre in buca"*

Ahi ahi. Grosso errore. Non solo per il fatto che le battute idiote e i giochi di parole che fanno cadere le braccia sono il MIO FEUDO, cazzarola, e chi mi conosce lo sa. Ma anche perché il fellone di turno qui osa lanciarmi il guanto della sfida su una lizza nella quale il sottoscritto vanta innumerevoli e gloriose vittorie: la poesia goliardica. Urge pertanto una punizione esemplare.

Ecco dunque qual'è stata la mia risposta, tra l'altro partorita in tre minuti netti, a fronte dei (presumo fortemente) quarantacinque che sono occorsi a suo tempo al Khaos per, nell'ordine:
1) giungere alla conclusione che è ben difficile per chi è semianalfabeta trovare un termine in grado di fare rima con il cognome Pautasso
2) ripiegare dunque su una bislacca licenza poetica

A Khaos:

O mio buon Khaos che in rima favelli,

con metrica e stile sì elementare,

per dimostrar che fo i versi più belli

in endecasillabo ti mando a cagare.


Leggo i tuoi lazzi e già sto petando,

traballano i frizzi, e le rime tue,

nom e cognom puerilmente storpiando,

saprebbe comporle financo un bel bue.


Ti credi umorista come Luttazzi,

o ludolinguista al par di Bergonzo,

ma a leggerti bene già cagano i cazzi.

Tu non sei poeta, sei solo uno stronzo


Da te mi congedo, alfine felice,

di averti impartito sonora sconfitta:

al par tuo favellano anche le pice,

io invece ferisco in metrica invitta.


Ordunque rimembra, pivello, chi sfidi

prima di muovere in rima un assalto:

perché se tu prima bel bel te la ridi,

io dopo qui giungo e repente ti asfalto!


Pautasio di Mileto (firma vezzosa, va bene, ma concedetemela)

Dolce stil novo rulez, a parte la costruzione che non è ABBA ABBA CDE EDC. E giuro che sarei riuscito anche a fare di meglio, se non avessi avuto il tormento costante delle emorroidi.
Best regards

Ps: Ancora una volta devo dire grazie a Louis per avermi fornito la materia prima. Credo proprio che se lui non ci fosse, e con lui la sua innata capacità di attrarre sul suo blog mentecatti a frotte come mosche sul miele, il mondo sarebbe di sicuro un posto più vuoto, più freddo e più buio. Quindi respect, bro'.


Ah, se vi interessa, la disfida originale e le Khaotiche battute del menga potete trovarle qui.

martedì 23 ottobre 2007

Wlady picio e picio chi non lo scrive

Il blog come arena, tra ludi di sangue, sudore e morte


"A pensare male si commette peccato, però in compenso si aumentano le visite al proprio blog e i commenti sui post" diceva un noto politico italiano, conosciuto anche per altri celebri aforismi quale ad esempio "Il potere logora chi non ce l'ha. Guardate infatti Pautasio com'è bello pasciuto".

Tutto questo per tentare, prendendola assai alla larga, di spiegare come sia stato possibile che un post tutto sommato non brillantissimo e nemmeno originale come questo, sia schizzato nel giro di una sola giornata a oltre i 50, calientissimi commenti, e non si sia ancora fermato. Quando post decisamente più interessanti sono caduti ben presto nel dimenticatoio o, in alternativa, hanno necessitato magari di settimane per riuscire a sfondare il muro dei 10 commenti.

Il mondo anela crudeltà, prevaricazione e sopraffazione, e si pasce ovunque questa si manifesti nella sua forma più palese. Ecco dunque che un blog, metafora internettiana della piazza dal paese vista dalla finestra di casa (nel mio caso, la piazza di un piccolo borgo di campagna vista da un'abbaino con i vetri sporchi e le persiane abbassate) si anima quando il tema del contendere si fa più aspro, e il più forte attacca e annichilisce il più debole.

Perché di questo si è trattato. Ho preso due minus habentes della rete a caso, li ho messi alla berlina, ho suscitato un putiferio e ho lasciato che alla fine della tenzone la folla inferocita ne facesse scempio sull'acciottolato. "Preferite Gesù o Barabba?" E il popolo di Gerusalemme ha salomonicamente votato per il linciaggio di entrambi. Questo voleva, questo bramava segretamente da chissà quanto tempo, e su questo si è famelicamente gettata non appena ha annusato di averlo a portata di ganasce.

Bene. Lungi da me il voler criticare questo comportamento, anzi: mi è di sprone per continuare, a ripetermi, in futuro. Non ora, non domani, e forse nemmeno tra una settimana, perché il "già visto" annoia, il troppo stroppia, e tanto va la gatta all'oste che ci lascia il fa per tre. Però tornerà a succedere. Scoverò qualcuno (anzi, per la verità l'ho già scovato... gli serve, pardon, le serve solo un compagno di martirio) e lo darò in pasto alle belve qui nella mia piccola metafora della piazza del paese, tanto simile ad un'arena nel giorno dei Ludi.

Ut quisquem vicerit occidat

Minus Habens Freak Show


Per la serie "Sui blog c'è proprio spazio per tutti", siamo lieti di presentare al gentile pubblico pagante due incredibili fenomeni da baraccone finora mai comparsi su questo illustre palcoscenico: Quello Disinistra che ascolta Vasco e la Vegana.

Venghino siòrri, venghino ad ammirare le acrobatiche violenze perpetrate ai danni dell'italico idioma e del comune senso del pudore (nel senso che se ne avessero uno anche loro eviterebbero a priori di scrivere). Venghino ad osservare le evoluzioni di una cultura feticcia sventolata dietro un turbinio di luoghi comuni, idiozie malcelate, leggende metropolitane e profonda carenza intellettuale. Vengino ad osservare come non solo la mamma dei cretini è prolificissima, ma anche come il baratro del delirio mentale non ha fondo.

Cominciamo con l'introdurre le performances del primo artista, il rivoluzionario delle battaglie perse che sogna di essere Che Guevara ma ha lo spessore politico del rappresentante di istituto che al liceo cercava di convincerci a fare autogestione "perchè nel bagno delle ragazze non ci sono gli specchi". Pregasi il gentile pubblico di notare lo spessore culturale che si cela dietro la ripetitività dei post concentrati su tre argomenti principali: l'essere Disinistra in ogni maniera fisicamente consentita in un universo a tre dimensioni, Vasco Rossi e Alex Del Piero. Egli e colui il quale: "Vasco è il più grande cantante italiano perché testi come "Eeeee", "Uuuuu", e "Iiiiii" sono impagabili"; "La riforma della scuola è sbagliata perché me lo ha detto mia mamma che insegna ginnastica in una scuola differenziale"; "Perché Alex ha voluto chiamare suo figlio Tobias? Merlotus sarebbe stato molto più bello".

Seguirà l'esibizione della Vegana convinta, il "Malleus Bisteccarum", la paladina non richiesta dei quadrupedi, quella che: "Sono vegetariana di Settimo Dan, non mangio nulla che proietti ombra"; "Non mangio lo yoghurt perché sarebbe genocidio di fermenti lattici"; "Il tonno sì, lo mangio, ma perché è una scatoletta"; "Il Mc Donalds c'ha le mucche senza testa nel retrobottega, le affetta vive e ne fa Big Mac. Me l'ha detto mio cugggino"; "No alla sperimentazione dei medicinali sugli animali: preferisco morire di colera e lebbra tra atroci tormenti piuttosto di far starnutire il prozio di Hamtaro". "Bere latte fa venire l'osteoporosi alle mucche. E poi noi vegani, se abbiamo bisogno di calcio, compriamo i pacchetti di Sky"; "Ho fatto diventare vegetariano il mio cane: ora è verde, perde i peli e rantola di continuo, ma gli voglio bene lo stesso perché sono animalista"; oppure, la chicca tra le chicche "Quando c'hai le tue cose non usare assorbenti igienici usa e getta che danneggiano l'ambiente (oppure i Tampax, ché poi ti lasciano il filino di fuori e sembri la marionetta che muove le braccia quando tiri la cordicella)! Fa' come me: infilati un ergonomico vaso corinzio di caucciù nella bernarda, lavabile e riutilizzabile anche per la maionese, e aspetta che passi la marea".

Buona visione. Si ricorda a tutti gli spettatori che il sacchetto per il vomito è sotto la poltroncina.

Si ringrassia sentitamente Alessandro e Louis per averci permesso di imbastire lo spetàcolo, presentandoci rispettivamente l'uno e l'altro straordinario artista

sabato 20 ottobre 2007

venerdì 19 ottobre 2007

Nero è bello, ma scemo. Elementare, Watson...


Secondo lo scopritore della struttura del Dna, lo scienziato e premio Nobel nel 1962 per la medicina, James Watson, 79 anni, i neri africani sono meno intelligenti dei bianchi occidentali. E se consideriamo che 79 anni sono l'età giusta per dedicarsi all'hobby dell'Alzheimer, direi che l'affermazione non dovrebbe suscitare tutto lo scalpore che invece ha sconvolto la comunità scientifica mondiale, e non solo quella.
Ma torniamo alle, a dir poco, curiose affermazioni del nostro caro Watson: egli, così riportano i giornali, si dice alquanto pessimista «Per le prospettive del continente africano, dal momento che tutte le nostre politiche sociali si basano sul fatto che la loro intelligenza sia pari alla nostra, mentre tutti i test lo smentiscono». Già, è ovvio: a che serve mandare sveglie per aiutare l'Africa a scandire il tempo del rilancio economico-sociale, se poi laggiù se le legano tutti al collo come fossero monili? Non fa una grinza.
Ma l'assistente di Sherlock fa di più, e concede alla parte più abbronzata del genere umano una speranza di salvezza. Che gentile. Egli ha infatti previsto che, entro i prossimi dieci anni, giorno più giorno meno, verranno scoperti i geni responsabili di tale diversità, così magari si troverà una cura. Meno male. Altrimenti sai che iella avere un pisello lungo e non sapere che farsene?

Se a questo punto vi starete chiedendo come fa un premio Nobel a partorire certe stronzate di sì grosso calibro, significa che è giunto il momento di pensare a Dario Fo. Fatto? Ok, ora torniamo a noi.

Il Watson argomenta così, in maniera scientificamente ineccepibile, le sue affermazioni: «Non c’è un valido motivo per prevedere che le capacità intellettive delle persone divise geograficamente al momento della loro evoluzione si siano esplicate in maniera identica. Il nostro desiderio di attribuire uguali capacità razionali come una sorta di patrimonio universale dell’umanità non è sufficiente per renderlo reale». Uhm... certo, se lo dice lui. Infatti, a rigor di logica, non basta affermare che Gigi D'Alessio sia un cantante, perchè questi impari effettivamente a cantare.
Ma il caro Watson, in passato, aveva già partorito altre simpaticissime perle sulla falsariga delle dichiarazioni di cui sopra. Gli argomenti? I poi disparati. Dalla politica, alla sessualità e, ovviamente, alla razza, intesa non come pesce piatto con la coda lunga e puntuta.

Ecco qualche esempio:

- nel 1997 affermò che una donna avrebbe dovuto avere il diritto di abortire se dalle analisi fosse emersa l’omosessualità del suo bambino. Ecco, qui non mi è chiaro come si faccia a capire. Cioè, ci sono bambini che ballano Wmca durante l'ecografia?

- in seguito ipotizzò un collegamento tra colore della pelle e tendenze sessuali, sostenendo che le persone di colore avrebbero una libido più accentuata rispetto ai bianchi. Ah, adesso si chiama "libido più accentuata"? Le meraviglie del politically correct...

- infine, last but not least, dulcis in fundo, affermò che la bellezza umana potrebbe essere geneticamente manipolata: «la gente pensa che sarebbe orribile se facessimo tutte le ragazze belle, io credo invece che sarebbe meraviglioso». Beh, dai, effettivamente su quest'ultima affermazione c'è ben poco da obiettare....

domenica 14 ottobre 2007

Baron Litron



Drinta 'd Turin, soldà e sgnor,

Prinsi e marchèis, son 'n dolor:

tute le dame, tuti ij baron

pioro la mòrt 'd baron Litron.

Sua Maestà, quand l'han contaje:

"Baron Litron l'é vnù malavi"

ciama per Coni so carossé,

baron Litron cor a trové.

A la Madòna, quand l'é rivà,

prima d'antré drinta 'n sità:

son-o baodette, sparo canon

për arlegré baron Litron.

Sua Maestà, quand l'é stàit là,

"Baron Litron, coma la va?",

"Sta maladìa a fa morì,

j'é pa speransa 'd podèj guarì…".

Sua Maestà straca del viage:

"Baron Litron, fate corage;

la Lea d'Angel improvisà

baron Litron, 't arcòrde pa?

Deuve guarì da cost tò mal,

mi 't fasso sùbit prim general"

"J'é pa ni re, ni general,

dnans a la mòrt gnente ch'a val"

"Ch'a costa pura qualonque dné,

baron Litron, mi 't veuj salvé"

"L'òr e l'argent, chi veule spende,

dnans a la mòrt valo pa gnente"

"Ma disme 'n pòch, baron Litron,

veusto pa meuire da bon cristian?

It batezerìa, 'l vësco 'd Turin

mi vnirìa fete cò da parin".

"Ringrassio tant Vòstra Corona,

diso na còsa, che Dio 'n përdon-a:

fede 'd barbèt, costum d'alman,

peusso nen meuire da bon cristian!"

"Ma vorìa fete d'onor ben gròss,

'n monument a Sant'Ambreus".

"Costa sità, che mi l'hai salvà,

e tante volte scandalisà.

Veuj pa ch'a 'm buta na lustra eterna

l'é mèj sotreme ant la Val Luserna…"

Con ij barbèt là 'm sotraran,

e là 'l me cheur s'arposerà tan…"

Baron Litron l'é spirà adess,

tiro 'l fià longh tuti ij Fransèis…

Baron Litron a l'é spirà,

le fomne pioro, pioro ij soldà

Son-o le ciòche, tron-o ij canon,

a l'é spiraje Baron Litron!

Baron Litron a l'é spirà,

pioroma tuti, grand e masnà.


Ël Baron Litron (so nòm vèir a l'era Karl Sigmund Friedrich Wilhelm von Leutrum) a l'era nassù ant ël castel ëd Karlshausen, ant ël Baden, ij 27 ëd giugn dël 1692, fieul dël baron Federich Cristòfo Leutrum, gran magìster dij bòsch da cassa dël duca ëd Württemberg, e dla baronëssa Ana Giulian-a Gemmingen-Bürg. A l'era frel pì cit ëd Carl Magn Leutrum. Baron Litron a l'é rivà an Piemont dël 1707. Dòp un pòch ëd gavëtta ant l'esèrcit dij Savòja a ven nominà goernator ëd Coni. Ant ël 1744 ij fransèis (pòchi ani prima ëd serché dë pijé Turin, quand a son stàit fërmà an sla Assieta), a serco dë pijé Coni. Ma Baron Litron a resist për 40 dì, fin che a-i rivo ëd rinfòrs da Turin. Ij 21 d'otóber 1745 a bat l'esèrcit dël marëssal Mirepoix a Ceva. A meuir a Coni ij 16 ëd maj dël 1755 e a l'é stàit sotrà ant la cesa valdèisa dël Ciabass, davzin a Luserna. Na vira che a l'é vnùit famos a l'han scrivuje na bela balada che a l'é peuj ëvnùita famosa ëdcò chila

C'è qualcosa là fuori...

sabato 13 ottobre 2007

iPod: attraverso lo specchio

Per andarsene via veleggiando verso mondi lontani e sconosciuti dove tutto è o sembra migliore non serve mollare tutto e scomparire con l'aiuto di quelle particolari agenzia di viaggi che, in cambio di qualche decina di migliaio di euro, ti assicurano una sistemazione a prova di "Chi l'ha visto?". Non serve neanche andare a tirare la giacchetta allo spacciatore sotto casa: a parte l'effimericità dell'effetto trip, nonché i prezzi esorbitanti, indegni di una società che vorrebbe chiamarsi civile, infatti, c'è poi la grana della dipendenza. Non è d'aiuto nemmeno affidarsi a fantasie da mondo di fiaba o di fantascienza, con bacchette magiche e macchine del tempo in grado di portarti un po' dappertutto.
In fondo basta un semplice iPod. Uè, tranquilli, non è che adesso compare la scritta "Messaggio Promozionale" in sovraimpressione. Ho scritto iPod, ok, ma in realtà va bene qualsiasi lettore mp3, compresi quelli coreani sottomarca, che funzionano a pedali e contengono più di tre canzoni soltanto a patto che almeno una sia un evergreen di Toto Cutugno (è un po' come quando si definisce "Nutella" un po' tutte le creme spalmabili che abbiano anche solo una vaga attinenza col cacao, perché ad esempio l'hanno visto in cartolina. Lo so, è scorretto, ma è una scorrettezza di uso comune). Il senso della riflessione, infatti, non cambia se il marchio dell'oggettino che si porta appeso ai padiglioni auricolari è uno piuttosto che un altro.
Invece di sborsare ogni mese mezzo stipendio al proprio maghrebino di fiducia, basta una spesa una tantum per guadagrarsi il proprio piccolo angolo di "altrove". Già, perché mica crederete ancora alla palla che i lettori mp3 servano ad ascoltare musica. Per quello c'è già lo stereo di casa, che basta e avanza; o l'autoradio, per quando si passa tanto tempo in auto, o ancora le casse del Pc, per quando se ne passa troppo in ufficio. Portarsi dietro costantemente due o trecento brani da ascoltare ogniqualvolta non si ha null'altro da fare, invece, non è affatto indice di smisurata melomania, ma soltanto un fortissimo desiderio di fuga. Un desiderio che in parte avevano già soddisfatto i walkman mangiacassette e, successivamente, i lettori cd portatili. Solo che lì l'effetto era di breve durata, una ventina di brani al massimo, e anche ad ascoltarli in loop dopo un po' arrivava la sensazione di sorbire minestra riscaldata.
Invece l'iPod, o qualsivoglia lettore mp3 portatile, ha finalmente permesso di compiere il grande passo verso l'alienazione totale e definitiva. Non ne siete convinti? Dai, pensateci bene. La maggior parte delle volte che si accende un lettore mp3 non lo si fa per "ascoltare" musica. La si "sente", ok, ma il fine è tutt'altro: far passare il tempo, di solito interminabile, che intercorre tra la pensilina di partenza e quella di arrivo mentre siete in autobus, o tra stazione e stazione se siete in treno. Far pesare meno i 5 chilometri di corsa giornaliera che vi siete imposti a settembre per farvi trovare pronti alla prova costume dell'anno successivo. Concedersi un "divertissement" dalla grigia ruotine dell'urbe quando la si attraversa sul caval di san Francesco. O riuscire meglio a fingere interesse per una conferenza indigesta o una lezione noiosa.
Ed è esclusivamente per questo fine, solitamente, che si cerca di farcire la propria playlist con brani che siano i più numerosi e svariati possibili, in modo da avere un tema per ogni emozione, un sottofondo per ogni stato d'animo, una colonna sonora per ogni situazione. Un po' come le siglette personalizzate che Peter Griffin aveva chiesto al Genio della Lampada perché lo accompagnassero allegramente per tutta la giornata. Se poi ci mettiamo di mezzo anche la magia dell'opzione "shuffle", (che, per i profani, non è un particolare timballo riscaldato di musica perché non ha l'accento finale, ma è la sequanza casuale dei brani), che consente di passare con un click da "Memole dolce Memole" cantato da Cristina D'Avena a "Snakes" dei Six Feet Under, allora il gioco è fatto.
Io ho un iPod Nano da 8 giga, il che in buona sostanza vuol dire che ci posso far star dentro anche i bagagli per le vacanze. Lo ascolto dappertutto: in camera, al cesso, in auto (facendo finta di avere l'auricolare del telefonino quando incrocio una pattuglia di Rangers), in ascensore, ma soprattutto quando cammino per strada. In moto no, perché lì le orecchie mi servono per captare l'arrivo degli autisti di Tir romeni in cerca di una nuova tacca da incidere sul cruscotto del loro Scania di quarta mano. E se vi sembro un tossicodipendente per questo mio bizzarro attaccamento, sappiate che c'è chi riesce a fare di peggio, ascoltando il suo lettore anche durante una conversazione. Roba che ti viene da pensare che, cioè, Diosanto, o ascolti me o i Gem Boy. Scegli, perdindirinDio! Tanto parliamo entrambi sempre e solo di gnocca.
Il mio personale biglietto per l'infinito contiene soprattutto Elio e De Andrè, Gaber, ma anche Cochi e Renato, i Trelilu, i Gem Boy, 5o Cent, i Farinei dla Brigna, Tony Tammaro, i Children of Bodom, Elvis, gli Aerosmith, Cristina D'Avena, Tatanka, i Deep Purple, Francesco Salvi, Caparezza, i Queen, il Trio Lescano, Mika, Simone Cristicchi, Frankie Hi Nrg, Vasco Rossi (pochi ma buoni), i Gufi, Eminem, una raccolta di classici intramontabili '60-'70'-80 e discotecume vario da festa delle medie, nonché innumerevoli colonne sonore da "Le Iene" a "Titanic", passando per "Ogni cosa è illuminata" e "Il Gladiatore". Posso andare ovunque, e ci vado spesso e volentieri. Raramente mi soffermo ascoltare davvero il ritmo, ancor più raramente mi soffermo sulle parole, chemagari ho ascoltato tante di quelle volte da essere in grado di ripetere a menadito, ma che non mi sono mai preoccupato di capire cosa volessero dire. Io VADO, e basta.
Ps Più osservo l'immagine di apertura di questo post e più sono convinto che sia molto meglio l'iPod Nano

martedì 9 ottobre 2007

Cameriere, un caffè


Ah, che bello 'o cafè. Già. Quanto aveva ragione la buonanima di Faber... Mica per niente era un genio.

Il caffè... Per alcuni è un'abitudine, per altri addirittura un rito. Per me è soltanto qualcosa a cui non si può rinunciare. E' parte integrante della giornata, cribbio. E' il grano salis di tutto un dì, poffarbacco. Se non c'è, se manca, tutto comincia a girare male, perdindirindiofà. Per questo le disavventure che capitano quando c'è di mezzo il caffè sono le peggiori. Merda, piscia, figa e vaffanculo.
Giovedì sera, poco prima delle 21. Sto bighellonando in piazza Solferino, in attesa che arrivi l'ora del réndez-vous per la festa di compleanno di una mia carissima amica. Buoni, è già fidanzata, quindi non vi agitate. Cosa faccio nell'attesa? Di ascoltare l'I-pod non se ne parla, perchè quando ascolto l'I-pod io inevitabilmente comincio a canticchiare, o a ridere, o a ballonzolare prima su un piede e poi sull'altro, o a invocare attraverso monosillabi gutturali divinità ctonie di dubbia origine etnologica e dalle ignote fattezze e attribuzioni sovrannaturali, a seconda del brano. Insomma, roba che farla in pubblico è cosa sconveniente per un gentleman della mia schiatta. Un po' come mettersi le dita nel naso. Tutte insieme, intendo. Perchè una alla volta invece è pratica accettata presso molte corti europee. (Appunto personale: siccome di smettere di dire cazzate non se ne parla, ricordarsi almeno di scrivere un post sull'alienazione da I-pod. Domani, ad esempio, andrà benissimo, ché non c'ho un piffero da fare). Beh, dicevo, che si fa nell'attesa? Si va a prendere un caffè, ovvio.

L'insegna luminosa di una giganterrima caffetteria sembra proprio fare al caso mio. Mi ci fiondo come Gianni Boncompagni nelle mutande di una sedicenne aspirante soubrette, o come Cristiano Malgioglio in un raduno di rugbisti centrafricani (Oddìo...cos'è questa puzza? Ah, sì, dev'essere la querela...niente di grave). In testa ho solo una cosa. Subito dietro la patata, intendo. Un bell'espresso. 85 centesimi ben spesi, e con il resto di un euro da infilare nel dindarolo (sto risparmiando per il cambio di sesso. Lo voglio più lungo). Solo che c'è un problema. L'antro luminoso e ospitale in cui mi sono inoltrato è una di quelle caffetterie "american style" nelle quali l'elenco delle tipologie di caffè disponibile è pari al casellario giudiziario di Bernardo Provenzano e del Mostro di Rostov messi insieme. Vi ricordate la famosa frase pronunciata da Tom Hanks in "C'è posta per te", allo Starbucks? Diceva pressappoco così: "Tanti tipi di caffè tra cui scegliere servono a dare l'impressione anche ai piciu di saper prendere una decisione importante". Ora, sono sicurissimo sul termine "piciu", ma non so se le altre espressioni siano proprio le stesse usate da Tom Hanks. Ad ogni buon conto, avrete afferrato il concetto. Siccome dunque anche io sono piciu, voglio darmi l'impressione di essere un tipo volitivo. Quindi metto da parte l'idea dell'espresso e ripiego sul caffè americano. Errore. Straerrore erroroso, anzicheno. La prima regola del buon viaggiatore dice infatti: mangia il cibo tipico del posto in cui ti trovi. Il suo corollario recita: non mangiare il cibo tipico di un posto se ti trovi in un altro. E difatti ecco abbattersi repente sul mio stolto collo la scure della Nemesi: invece di un caffè americano filtrato nel percolator, come ogni buon film con i poliziotti cattivi e gli avvocati che non si fanno la barba insegna a fare, mi viene servito un caffè doppio in tazza grande, che dovrò poi allungare a mio piacere con dell'acqua scaldata servitami a parte, in un contenitore metallico. Tradotto in italiano: il risciacquo ripetuto dei miei fettoni nel bidet, allungato magari con estratto di tarzanello, sarebbe stata vera e propria ambrosia al confronto di quel caffè.

Ripeto mentalmente il Grande Libro delle Bestemmie della Tradizione Ugro-Finnica, ma anche questo mantra, di solito così efficace nei momenti di più profondo sconforto, non si dimostra utile a togliermi dall'ambascia in cui mi sono cacciato con le mie stesse mani. E anche l'odore di quel prezioso nettare così malamente stuprato mi riporta a piè pari alla realtà, come uno staffile calcato sul deretano con veemenza. Bevo, schifato nel profondo, quell'infame brodazza, dopodichè pago ostentando un sorriso di circostanza che somiglia in maniera inquietante ad una paresi facciale, e mi allontano nella notte. E al bar successivo ordino un espresso.

giovedì 4 ottobre 2007

martedì 2 ottobre 2007

E' morto un blogger


Oddìo, è successo. Tabagista1986 ha disabilitato i commenti ai suoi post. Questo significa una sola cosa: la sua vita di blogger è terminata, perchè ha scelto l'ascesi e la luminosa spiritualità della blogstar rininciando alla opaca materialità terrena del confronto costante con il pianeta terra. Poverino.

Già me lo vedo, d'ora in avanti. Il prossimo passo sarà quello di postare solo articoli belli ma lunghissimi, e solo una volta ogni morte di papa. Poi si iscriverà a lettere e farà passare come una cosa fighissima e da geniacci il fatto di laurearsi a 47 anni quando si hanno solo 19 esami da passare, come ha fatto Chinaski. Oppure non posterà mai più, come Arkangel, che non si sa se sia morta o cosa, ma così facendo intriga ancora di più i visitatori che si chiedono "Ma ha smesso di postare perhè era troppo gnocca? Chissà se linkandola al mio blog dimmerda un giorno me la darà, o per lo meno me la farà annusare...". Oppure ci manderà tutti affanculo dalla piazza centrale di Coccomaro sul Prepuzio, partendo da lì per insidiare il trono mediatico di Beppe Grillo. Chissà.

Chissà che cosa lo ha spinto al trapasso. sarà che ha cominciato a scrivere per l'Umidità, e ora è troppo "in alto" per noantri, o sarà che tutti lo amano e lo venerano ormai come profeta. Esr, sì, un po'.

Sembra però sia il destino inevitabile di tutti i blogger che cominciano ad avere un pochino di frequentazioni e contatti, e si stufano quindi di dover perdere tempo a leggere i commenti degli altri. Perchè tanto ormai c'è anche Dio in persona che lascia i suoi commenti, però lui telefona...

Dai, raccogliamoci tutti in un minuto di silenzio per questa grande anima che non c'è più e ci ha lasciato per salire al cielo. E niente salve di peti.

Farmacista tu, farmacia di turno...


Giorni addietro stavo amabilmente chiacchierando con un tal Marco da Pescara, di professione amministratore delegato di una catena di farmacie. Alla notizia di quale fosse il suo mestiere, ho strabuzzato tanto d'occhi, perché non credevo esistesse una simile figura professionale. E dire che col lavoro che faccio io, ovvero la mignotta per iscritto, come in molti la definiscono, ne so davvero qualcosa di questo genere di faccende.
Tant'è. Al mio stupore sono seguite le ovvie domande di chiarimento. Al che lui mi ha spiegato che con la progressiva, e magari anche un po' garibaldina, liberalizzazione del settore farmaceutico (thank you, Cpt Bersani!), le grandi multinazionali del farmaco, ma non solo loro hanno avuto la grande idea di allargare il business su un nuovo settore: non si limitano cioè soltanto più a fabbricare le supposte e i cachet da venderti con o senza prescrizione medica, ché tanto è uguale, ma diventano esse stesse proprietarie delle farmacie. Ta-daaa... Dal produttore al consumatore, come all'agriturismo. "Cascina Lasonil". Suona anche bene.
Ad ogni buon conto... E' una mossa che in Italia stanno già facendo. Anche se ancora in via sperimentale, ha già un discreto successo: per ora si sono mossi nomi come la Bayer, quelle delle aspirine, e la Allianz, gruppo bancario e assicurativo, che già stanno mettendo su qualche catenuccia a Milano (così almeno mi ha detto lui, io chiedo conferma). Presto dovrebbero arrivare anche a Torino, se già non hanno cominciato.
Allora che cosa ha pensato di fare il giovane e intraprendente Marco, che ha il babbo farmacista proprietario della farmacia più antica e rinomata in quel di Pescara? Ha messo su una sorta di holding tra varie farmacie, una società, per meglio dire, che raggruppa le 5-6 più grandi della provincia abruzzese e dintorni. "In questo modo - mi ha spiegato - quando una delle multinazionali arriverà anche qui e tenterà di scalzarci dal mercato, avremo due possibilità: 1) vendere tutte le farmacie alla multinazionale ad un prezzo decisamente alto, tale da sistemaci tutti quanti, e poi chi ha ancora voglia di fare il farmacista lavora lì dentro da dipendente e con lauto sipendio. 2) se la multinazionale non accetta subito, fare "cartello" per costringerla, se vuol reggere la concorrenza, a vendere sottocosto per un certo periodo quel tanto che basta a farle gettare la spugna e accettare le nostre condizioni di resa (ovvero quelle di cui al punto 1, NdP)".
E fin qui, tanto di cappello, perchè ho capito finalmente che lavoro fa ma soprattutto per la strategia commerciale che è riuscito ad escogitare. Ma se poi penso che quei negozi lì non vendono computer, auto, case o vestiti, ma medicine, e che quindi tutte queste strategie girano quanto più ci imbottiamo di schifezze, beh... mi vengono i brividi al pertugio del posteriore. E non tanto per adesso, quando in farmacia ci troviamo ancora il nostro sorridente farmacista amico da una vita, a cui raccontiamo proprio tutto e che sa tutto di noi e della nostra anamnesi, e di quella della nostra famiglia da almeno tre generazioni, ma per dopo, quando entrare in farmacia sembrerà di andare al Blockbuster o al Carrefour

domenica 30 settembre 2007

Piemontesi "bogianen"


Oggi l'ho sentita di nuovo questa cazzata. Detta ovviamente da un soggetto che per le sue origini altrove ubicate non sapeva un'emerita cippa né del significato di questa parola né del perché o del quando sia nata. Per carità, non ho nulla contro chi non ha visto la luce alle sorgenti del Po, tranne quando si mette a parlare di cose che, palesemente, non conosce."Piemontesi bogianen, gente che non si muove, pelandroni, sfaticati e ottusi", ha detto il personaggio in questione. Bum. Bravo, complimenti, hai vinto il mongolino d'oro. Ora però siediti e ascolta un po' di vera storia. Intanto, lo spiego per i non-autoctoni, bogianen si legge "bugianén" (con la n finale sorda, che resta in gola, come la n di "gong"), e letteralmente significa proprio "non muoverti".Ma il significato dato dal fringuello di cui sopra è uno stereotipo valido solo per tutti coloro i quali ignorano, per l'appunto, le vere origini del soprannome. Siamo sul campo di battaglia dell’Assietta, il 17 luglio del lontano 1747, e si sta per combattere una delle più sanguinose battaglie della guerra di successione austriaca. Il terribile conflitto, destinato a squassare l'Europa per 8 anni, era scoppiato a causa di asperrimi dissidi politici sui diritti di successione al trono del Sacro Romano Impero. Nel 1713, infatti, quando l'Imperatore Carlo VI, privo di eredi maschi, aveva disposto la successione per la figlia primogenita Maria Teresa, attraverso la celeberrima "Pragmatica sanctio", diciamo che non tutti i sovrani d'Europa avevano gradito la cosa, e avevano anzi duramente contestato la validità di quell'editto. Si erano così costituiti due grandi schieramenti contrapposti tra i quali, appunto, alla morte dell'imperatore, era poi scoppiata la guerra.Da un lato dello schieramento c'erano la Francia, la Spagna, la Prussia, la Svezia e i Grandi Elettori di Baviera e di Sassonia; dall'altro, invece, l'Austria, l'Inghilterra, i Paesi Bassi, la Russia e il piccolo ma agguerritissimo Regno Sardo-Piemontese.In questo scacchiere, dunque, il Regno di Sardegna è per l'appunto schierato a fianco dell'Austria, la stessa che gli aveva prestato soccorso 41 anni prima concedendo al principe Eugenio di Savoia, il Salvatore di Vienna, cugino del Re, di guidare un corpo di spedizione in soccorso alla Torino capitale assediata. All'Assietta, una ridotta alpina trincerata alla bell'e meglio soltanto pochi giorni prima dello scontro, per ordine del re Carlo Emanuele III, si trincerarono 7.000 soldati sabaudi. Si trattava di 13 battaglioni in tutto, totalmente privi di artiglieria: 9 appartenevano all'Armata Sarda, di cui 4 di mercenari svizzeri e i restanti per lo più granatieri e ex Dragoni Gialli, ora diventati Nizza Cavalleria, e 4 ricevuti in rinforzo dagli alleati Austriaci. Vi erano inoltre gruppi di miliziani Valdesi e volontari di Pragelato, posti in rinforzo al battaglione del Reggimento Monforte.Di fronte a loro si trovava il grosso dell'esercito di invasione disposto dall'alleanza franco-ispanica, forte di ben 40.000 soldati. Nonostante il numero soverchiante del nemico, meglio armato ed equipaggiato, in quella sorta di El Alamein a 2.500 metri di quota i piemontesi vinsero, perchè non vollero ritirarsi venendo meno agli ordini del sovrano che aveva detto al loro comandante di tenere la posizione ad ogni costo. L'eco della vittoria risuonò nei più importanti ambienti militari europei, tanto che il re di Prussia, nemico in quel frangente del Regno Sardo, commentò così il valore dei soldati sardo-piemontesi: "Se Noi disponessimo di un esercito di tale valore, conquisteremmo l'Europa". Indi per cui il "bogianen" è colui che resta fedele alla consegna, sempre e comunque, e non rinuncia mai alla parola data nemmeno nelle occasioni più critiche.Da dove dunque è nato lo stereotipo? Occorre qui fare un grosso slato in avanti, di oltre un secolo, per la precisione. Siamo nel bel mezzo delle Guerre di Indipendenza: è dal Regno di Sardegna che partono la gran parte degli eserciti che vanno ad affrontare l'Austria per liberare il loombardo-veneto e mettere in moto il processo di unificazione italiana. A Torino accorrono volontari da ogni angolo d'Italia e anche d'Europa: la storia ce li ha consegnati come eroi romantici, senza machia e senza paura, mossi da alti ideali di libertà a autodeterminazione. E per un certo verso ciò fu anche vero. Ma occorre dire per amor di verità che nelle fila dell'esercito sabaudo, specie tra la truppa, trovò posto la più varia umanità. Un po' come nella legione straniera: avventurieri, disperati, galeotti evasi, marmaglia, ladruncolame vario che tentava di rifarsi una faccia trascorrendo qualche anno a sparacchiare agli "'striaci" (che bene o male ora stavano sul culo a tutti, mentre invece i francesi erano diventati i buoni) indossando l'uniforme del re di Sardegna. La ferrea disciplina militare con cui venivano addestrati i battagliani sabaudi (la storia che la tramanda come seconda solo a quella prussiana) non andava certo molto a genio a questa accozzaglia di lazzaroni che, schierati in piazza d'armi per le manovre, si sentivano continuamente urlare dai sergenti: "Sull'attenti, cristo! Bogia nen, maraja!" (si legge "maràia" e nel contesto suona "state fermi, marmaglia!"). Ed ecco che bogianen diventa dunque qualcosa di negativo, associato a qualcuno che se ne sta lì impalato e non si muove.

sabato 29 settembre 2007

Decalogo del perfetto opinionista


Ecco un utilissimo vademecum in dieci piccole regolette per diventare un provetto parolaio e non fare brutta figura quando avrete Giampiero Mughini, Klaus Davi, Marco Travaglio o Beppe Grillo a casa vostra per il tè o, meglio ancora, quando verranno a complimentarsi per quanto è bello e profondo il vostro blog. Dall'attenta letture delle norme sotto riportate e dalla loro corretta applicazione dipenderà il vosto successo di Eterei Vati e indiscussi maitre-a-penser. Quindi occhio.


1) Scegliete con cura l'argomento della vostra disquisizione. Meglio se si tratta di un tema di cui non vi siete mai interessati, o, pur interessandovici, non avete mai capito un'acca. Ve ne suggerisco alcuni, che potrete comodamente utilizzare come titolo dei vostri post o dei libri che scriverete, pubblicherete e comprerete e leggerete totalmente a vostre spese: "La politica imperialista degli Stati Uniti brutti e cattivi, altro che baluardo della democrazia..."; "No al nucleare e al petrolio, sì alle centrali energetiche col dinamone e la gente dentro che pedala sorridendo"; "La crisi israelo-palestinese è tutta colpa degli israeliani che si sostinano ad esistere"; "Il surriscaldamento del globo lo combatto accendendo l'aria condizionata"; "Marx e la questione sociale delle doppie punte"; "La Guerra è brutta e la Pace è bella. Guerra e Pace non lo leggo per principio"; "Le Torri Gemelle sono state abbattute da due mucche senza testa del Mc Donald's in combutta con gli interessi petroliferi della famiglia Bush"; "Beppe Grillo c'ha un sacco ragione e mi ha tolto le parole di bocca"; "I parlamentari sono tutti mafiosi e ladri"; "L'Aids non esiste perchè io non l'ho mai contratta"; "Io una volta ho ricevuto la comunione da un prete pedofilo"; "In Italia non c'è libertà di stampa però, minchia, vuoi mettere gli spaghetti con la pummarola 'ncoppa rispetto ai brustler con la senape che fanno i tedeschi? Bleah!";


2) Siate Disinistra. E' un requisito fondamentale per essere ascoltati. Ma attenzione: essere Disinistra non è tanto una connotazione politica, anzi c'entra pochissimo, quanto un modus vivendi. Per essere davvero Disinistra occorre: a) Portare gli occhiali, purchè con le lenti spesse e con una montatura o talmente vetusta e trascurata da rimanere insieme solo grazie a tanti giri di nastro adesivo, o ricercatamente vezzosa e originale. Se avete gli occhiali significa che leggete e siete isrtuiti. Se gli occhiali hanno lenti spesse, poi, è indice di cultura particolarmente mostruosa. Se avete occhiali vecchi o brutti significa che non seguite la moda, che è figlia del capitalismo e della reazione, e siete liberi pensatori. Ovviamente Disinistra. b) Non farsi la barba e non indossare mai, e sottolineo mai, la camicia. Se proprio è necessario metterla, non bisogna mai accostarla ad una cravatta. Meglio lasciare aperto il primo bottone, e coprirla con una giacca di fustagno con le toppe sui gomiti. Quelli smodatamente Disinistra, però, mettono sempre e solo maglie sformate, pantaloni della tuta e le scarpe da ginnastica. Sappiatelo. c) Parlare in favore dei proletari e della classe operaia facendovi riprendere nel vostro studio traboccante di dipinti d'autore, sculture postmoderne del valore pari al Pil del Benin e libri in edizioni costosissime riposti su scaffalature Luigi XVI ridondanti di ninnoli preziosi. d) Non ammettere mai e poi mai di essere Uno Disinistra. Nemmeno sotto tortura. Non si sa perchè, ma tutti quelli che sono Disinistra dicono, spergiurano, ribadiscono e sottolineano che loro non sono, non sono stati né saranno mai Disinistra. Quindi anche quando scrivete cose che vi farebbero dare del sovversivo dal segretario del partito comunista cinese in persona, voi dite che non siete Disinistra.


3) Chi non la pensa come voi è un povero mentecatto. Quindi criticatelo aspramente ma guardatevi bene dall'argomentare la vostra tesi e, soprattutto, dall'illuminarlo sul perchè la vostra alternativa sia più valida della sua. Avete ragione voi, e basta.


4) Adorate Paolo Crepet come profeta.


5) Andate a caccia di complotti e svelateli al mondo. E' pieno di complotti, in giro. Da quello dei satanisti che con le videocassette della Disney fanno il lavaggio del cervello ai bambini, a mano e in lavatrice, anche a bassa temperatura, a quello della Cia che fa gli esperimenti segreti su di noi con le scie chimiche e la pasta scotta. Basta fare attenzione, e il complotto lo trovate subito. Anzi, se guardate bene, ce n'è uno proprio adesso che vi sta facendo marameo da dietro la vostra sedia. Visto? No? Eh, perché dovete essere più veloci. Sennò lui se ne accorge e si nasconde in tempo. Comunque adesso è di nuovo lì.


6) Non fate sesso, mai. Anzi, per essere sicuri, evitate di sviluppare qualsivoglia relazione sociale che vada al di là dello sputare sulla propria immagine riflessa sullo specchio del bagno quando vi alzate la mattina per la prima minzione quotidiana. Tutto ciò che travalicasse questo limite, infatti, risulterebbe perniciosissimo alla vostra attività di opinionista.


7) Scusate, devo andare ad esprimere un'opinione sul perchè la caccia alla balena con la dinamite non sia un passatempo elegante. Torno subito.


8) Rieccomi. Non mangiate carne. Quelli intelligenti, infatti, sono vegani, e non mangiano gli animali. E voi siete opinionisti, quindi siete intelligentissimi. Il tonno va bene perchè non è una bestia ma una scatoletta, lo yoghurt con dentro i fermenti lattici vivi invece è genocidio.


9) Cercate visbilità. Siate presenti ovunque e comunque come il prezzemolo, i brufoli e Loredana Lecciso. E parlate. Ricordate che ogni occasione è quella propizia per dire qualcosa, e il buon opinionista sa che deve esprimere il proprio parere soprattutto nei casi in cui esso non è richiesto, perchè fuori luogo, ma specialmente quando è inutile e assolutamente privo di costrutto. Per cui, parlare del tempo pazzo e delle mezze stagioni quando siete in ascensore o della crisi dei mutui americani mentre attendete il vostro turno per acquistare la mortazza nella gastronomia all'angolo, è cosa buona e giusta.


10) Vaffanculo

venerdì 28 settembre 2007

Attention: whores!


Cosa non si fa per apparire sul web.... Per far sì che in tanti leggano il proprio blog, che il contatore delle presenze schizzi alle stelle e che i commenti sotto ogni post, anche il più beota, siano tanti quanti i sudditi del Celeste Impero.
Lasciamo perdere il neonato fenomeno dei grillini, destinato a passare di moda come le Reebok Pump, quello ahimè preesistente ad Internet e assai duro a morire dei sedicenti intellettuali, e quello teneramente abominevole delle adolescenti scompensate sul piano ormonale che riversano nella rete tutto lo sciropposo peggio dei loro melensi 15 anni. Questa è già preda della bacchetta censoria di Louis, e guai a cercare di levare a Savonarola i suoi eretici.
Parliamo invece di quel mastodontico contenitore di ogni sorta di umano pensiero che è Asphalto, ad esempio. O meglio, www.asphalto.org. Roba grossa, anzi, grossissima, roba che in ogni istante di ogni dì che l'Altissimo manda in terra ha per lo meno una cinquantina di visite in corso. Una corazzata a doppio ponte che affonda con tremende bordate ogni vascello nemico incroci la sua rotta sui tempestosi mari del Web, insomma. Un inaffondabile natante al cui confronto questo blog somiglia tantissimo al pedalò con lo scivolo scrostato e il timone che si incanta che il bagnino Renzo ci tiene da parte tutte le estati perchè gli lasciamo sempre una bella mancia a fine stagione. Per dare un'idea che strizzi l'occhio a Spielberg: se i blog fossero Ufo, Asphalto sarebbe l'astronave madre dove tutte le navicelle vanno a ricaricare i faser, a riparare i cannoni a raggi gamma, e a consegnare i check-up delle varie "abductions" eseguite su peones messicani e ubriachissimi bifolchi dell'Arkansas.
Lo frequento con assiduità da circa un mesetto, con la curiosità tipica del bambino in visita allo zoo comunale e l'ammirato stupore del guerriero zulù che mentre correva dietro alla sua zebra preferita è sbarcato, chissà come, sulla 5th Avenue di Manhattan. Ciononostante, detto in tutta sincerità, non saprei ancora come giudicarlo. Nel senso che, talvolta, mi sembra un ammirevole convivio di cerebri brillanti, dall'eloquio forbito e dall'umorismo sorprendentemente vivace, che la grazia divina ha voluto raccogliere tutti nello stesso Eden telematico. E quindi chapeau. Talaltra, invece, mi appare come una grottesca accozzaglia molto mal assortita di mentecatti falliti nella loro esistenza che per contrappasso si erge a club elitario sul web, cassando a destra e a manca tutto ciò che è "altro" rispetto a questo circoletto webmassonico per tentare di riparare dietro questa parvenza di oligarchia di pensiero, fatta di una superiorità morale e intellettuale spesso solo millantata, una pochezza dai connotati allarmanti.
Insomma, un giorno mi loggo e penso: "Dio, quanto vorrei pensare e scrivere come pensano e scrivono costoro", e il giorno dopo l'unica cosa che riesco a pensare è "Benvenuti allo spettacolo dei freaks di Madame Tetralini".
Trovo detestabile poi il comportamento di alcuni soggetti che, a casa loro, sui loro blog, sui loro diari web, sulle loro pagine fatte di pixel, si lasciano andare a blirglia sciolta giù per i dolci pendii delle loro gradevolissime riflessioni, senza altro obiettivo se non quello di raccontare qualcosa, perchè qualcosa da raccontare ce l'hanno davvero, e sul sito, invece, si omologano al pensiero comune, e sembrano presi dalla smania assoluta di dover piacere a tutti i costi a chi leggerà quel post, e soprattutto ai suddetti membri del fantastico circoletto di cui sopra. E qui il pateticume non ha confini.
Ecco, ci sono: Asphalto è un lupanare di mignotte d'alto bordo che si vendono in cambio di attenzione. Ma se arriva sul web una nuova legge Merlin io firmo per il referendum di abrogazione.

mercoledì 19 settembre 2007

Salad Finger 8 feat. Wagon

Heroes feat. Louis


Raramente cito nel mio blog i post pubblicati in blog o siti inferiori (infatti, se avete notato, quasi tutte le mie citazioni mi sono state dettate da Dio in persona. Che poi è mio padre. E ora pantitevi tutti quanti dei vostri peccati), ma in questo caso farò un'eccezione, non tanto per citazionismo spinto quanto perché mi sembra un'occasione buona per essere bastardi.
Quindi vi racconto come va a finire "Heroes", il serial di Italia 1 che in tantissimi guardate e io no. Grazie a Louis per averlo già visto fino alla fine scaricandolo da internet e violando un sacco di copyright (lui sì che ruberebbe una borsa o un'auto, come nella pubblicità al cinema. Me l'ha pure candidamente ammesso) e per averlo comunicato sul suo blog (http://inquinando.blogspot.com/)
Dunque:
Hiro Nakamura muore
Ando muore
Nathan Petrelli è il vero cattivo
La cheerleader è l'alieno che ha immesso il gene sulla Terra
Sayer è l'eroe
ma soprattutto:
Albano e Romina si rimettono insieme e riprendono miracolosamente a figliare come conigli. Del resto èroba da Heroes